Dopo quattro anni di populismo – sia politico che mediatico – la vicenda di Bibbiano vede l’assoluzione in Appello dello psicoterapeuta Claudio Foti. Non aggiungiamo il classico “come era prevedibile”. Semmai, potremmo aggiungere, almeno da parte nostra, il solito e ormai antico avviso ai giustizialisti di tutte le risme. E cioè che dovrebbe finire la loro innata abitudine di colpevolizzare in men che non si dica qualsiasi indagato scambiato e propinato ai lettori come colpevole. E, detto inter nos, è eloquente a questo proposito la prima pagina del Riformista che ha dedicato un primissimo piano a Giorgia Meloni che, a suo tempo, non fu da meno nel mettere alla gogna “quelli di Bibbiano”. E poco importa l’appartenenza a quello o a questo partito da parte dei colpevolisti, giacché il cattivo genio giustizialista è di casa, come si sa, a destra e a manca.
Chiedersi perché questa linea (chiamiamola così) sia praticamente maggioritaria sui mass media e, quindi, fra la gente, sarebbe fin troppo semplice o semplicistico, se ci fermassimo alle prime risposte all’interrogativo, a meno che non si voglia recuperare qualche prima pagina dei tempi di “Mani pulite”, quando il battage dei mezzi di comunicazione, quelli del Cavaliere compresi, accompagnò ed esaltò la nascita e il procedere dell’inchiesta, definita “del secolo”. Il mito del “manipulitismo” nacque e crebbe in nome di una finalità soprattutto politica che rarissimi giornali, come il nostro guidato dal sempre rimpianto Arturo Diaconale, ebbero il coraggio civile e morale – sì, morale – di controbattere mettendo in rilievo, soprattutto, l’incredibile assenza dall’inchiesta dei leader dell’ex Pci, Pds, Ds, che non erano affatto estranei ai finanziamenti illeciti, a cominciare da quelli da Mosca calcolati, ma dopo l’inchiesta, in decine di miliardi (di lire). Il malloppo, questo sì, del secolo. Il salvataggio dei post-comunisti avrebbe dovuto produrre il loro successo nelle elezioni politiche di quei tempi ma, incredibile a dirsi, vinse la formazione messa in campo in fretta e furia da Silvio Berlusconi. Cose note e stranote. Però troppo spesso rimosse.
Noi siamo di quelli che non perdono la memoria, come invece accade a molti e, anzi, siamo in un certo senso partigiani sotto il motto del repetita iuvant. Questa specie di lunga premessa non vuole neppure accusare chicchessia (e non sono pochi) di ieri e di oggi. Anche perché, come ben sappiamo, qualsiasi appunto è servito e serve a ben poco. Il fatto è che non pochi partiti (o movimenti) sanno che suonare la grancassa contro la politica è una musica gradita alla cosiddetta “gente”, tant’è vero che primeggiano nel nostro Parlamento i maggiori cantori partitici dell’anti-garatismo come i grillini che, a suo tempo, il loro leader aveva indicato e pronosticato letteralmente (e non solo) come i distruttori di tutta la politica d’antan, in primis quella del Partito Democratico. Proprio il partito col quale, pochissimi mesi dopo, strinse un’alleanza di Governo. Tempi andati, indubbiamente, “passata la festa gabbato lo santo” come proverbiavano i nostri vecchi e saggi padri. C’è dunque da chiedersi se i periodi dei grandi inquisitori, oggi sia al Governo che all’opposizione, siano archiviati. Ma, come ben sappiamo, il giustizialismo non va mai in vacanza. Nel nostro Paese, del resto, chiedere scusa è una frasetta che in politica non conta. E non costa. Forse.
Aggiornato il 12 giugno 2023 alle ore 10:11