Tiktoker da morire

Un sito internet definisce gli influencer “individui che posseggono un grado di conoscenza elevato relativamente ad alcuni prodotti, tanto che le loro opinioni arrivano a influenzare quelle di altri consumatori orientandone le scelte”.

La definizione è restrittiva, perché fare pubblicità è un raro privilegio, e i più promuovono sostanzialmente se stessi, nella speranza di essere notati e mettersi al servizio di chiunque.

Pochi guadagnano tanto, altri si agitano molto per nulla sognando quei Ferragnez, che andavano a lezione da Re Mida quando i dilettanti le sparavano grosse e insensate sognando di fare notizia.

Ma la comunicazione che vive di scorciatoie raramente porta fortuna a chi ha rifiutato la strada maestra, e non ha poi trovato la direzione.

Ora i mestieri tradizionali sembrano desueti, ogni linea che segue qualsiasi logica appare rétro, perché il salto in avanti è solo trasgressione qualunquistica, quella che scandalizza i tradizionalisti e affascina gli ambiziosetti.

Ma i rischi non mancano. Di fallire, o magari, per mettersi in mostra, fare la fine di Fratello Tremila, o Sanquiange, un cinese, influencer come tanti, morto in diretta su TikTok in una gara con un altro influencer a chi ingurgitava più litri di Baijiu.

Alta gradazione alcoolica per una sfida stile grandezzata goliardica, finita male come prevedibile. Per giunta, l’ambientazione nel sito più giocoso del web ha trasformato l’azione in una fiction tanto realistica da essere tragicamente vera.

Quanto alla tenzone, nulla di nuovo. Ne sono pieni i filmacci, gli addii al celibato, le feste senza idee. Ma bollare qualsiasi cosa con termini neo-omologati porta a consacrare l’assurdo originale condannando il noiosissimo buon senso.

Così la comunicazione imbocca strade obbligate, sensi unici per chi vuole far presto. Ma non sempre funziona. Il Partito democratico in difficoltà ha scelto il concetto innovativo Schlein, al di fuori di ogni logica: ha giocato su flash come la bisessualità, lo stampo della benestante che protesta (ma non avveniva nel ’68?), l’internazionalità come plus e non come limite, i discorsi sgangherati da decifrare, come le profezie della Sibilla Cumana, la gestione ordinaria snobbata, dunque, ignorata.

Un Bonaccini qualunque avrebbe parlato di economia, magari di tasse, di salari: che volgarità, che stile antico! Ma riavvolgendo la pellicola e provando il vecchio emiliano forse il partito avrebbe raggranellato qualcosa in più rispetto a Vicenza.

Come dire che le scorciatoie possono essere utili, ma imboccarle sempre e comunque, senza sapere dove portano, può riservare brutte sorprese.

Meglio usare Google Dem.

Aggiornato il 01 giugno 2023 alle ore 10:10