Tutte le mattine, domenica e lunedì esclusi, Massimo Gramellini offre “Il Caffè” ai lettori della prima pagina del Corriere della Sera, tra i quali chi scrive, che ha trovato sgradevole la tazzina di giovedì 4 maggio. Parlando in generale, il nostro Massimo indulge a un certo pietismo. Patrocina gli ultimi. Insorge contro i soprusi. Addita il bene da fare e condanna il male fatto. Liscia il pelo e fa il contropelo ai personaggi dell’attualità. Cavalca la notizia del giorno, scelta non a caso, ma per qualche connotato che gli consenta di moraleggiare sempre e ironizzare talvolta, riuscendogli bene l’una cosa e l’altra. Il fatto è che, nel prendere a cuore “la tenda di Ilaria”, una studentessa del Politecnico di Milano che per frequentarlo l’ha piantata lì davanti, il Nostro è scivolato sulla buccia di banana del provvidenzialismo da bar, che consiste nel proporre soluzioni estemporanee a problemi complessi: un’eccellenza della politica.
Nondimeno, Massimo Gramellini mostra anche qui la sua connaturata equidistanza. Infatti, la tenda di Ilaria non gli appare né di destra né di sinistra, bensì la manifestazione a-ideologica di chi non può permettersi una stanza in affitto “per sfuggire ai disagi di una vita da pendolare tra Bergamo e Milano”. Ed ecco il lampo del benintenzionato opinionista: “Un tetto massimo agli affitti e uno minimo ai salari sono rivendicazioni veteromarxiste o non piuttosto dei saggi correttivi a un libero mercato che, senza qualche regola dettata dalla politica, produce disuguaglianze sempre meno sopportabili?”. Le provvidenziali pigioni invocate da Gramellini non possiedono, ahimè, nulla di divino. Trattasi, al contrario, di provvidenzialismo dirigistico e assistenzialistico che costituisce la causa e l’effetto del male che egli intende eliminare. Le rivendicazioni che teme possano venirgli imputate come “veteromarxiste” sono più che antiquate, sbagliate e controproducenti addirittura. Non sono considerabili neanche lontanamente alla stregua di “saggi correttivi”, bensì scriteriate affossatrici del mercato. La penuria di alloggi a prezzi accessibili è determinata proprio dalle discipline vincolistiche “dettate dalla politica” che scoraggiano investimenti e costruzioni e dunque ostacolano la riduzione dei prezzi. Tetti massimi ed equi canoni sono la via sicura per moltiplicare le tende da impiantare anziché “le stanzette da affittare”.
Sposando con ardore la causa di Ilaria, al Nostro sfugge che “le disuguaglianze sempre meno sopportabili”, in quanto tali e nel caso di specie, non sono “prodotte” dal mercato ma esattamente da “dettami politici” che ne ostacolano il funzionamento economico mediante norme giuridiche incoerenti, le quali (e così rispondo a Gramellini ed a Ilaria, come lui ha chiesto) sono il riflesso di ataviche pulsioni collettiviste definibili, esse sì, compendiosamente veteromarxiste.
Aggiornato il 05 maggio 2023 alle ore 12:28