Giustizia per Olindo e Rosa: le tracce

La sacrosanta richiesta di revisione del processo a Olindo Romano e Rosa Bazzi, da parte del coraggioso sostituto procuratore generale di Milano, Cuno Tarfusser, se andata a buon fine rischia di portare un colpo quasi mortale a ciò che viene definito come il processo indiziario. E proprio per la rilevanza anche simbolica della questione, abbiamo deciso di ripercorrere passo passo le enormi incongruenze che sostengono il surreale impianto accusatorio che ha spedito all’ergastolo i due molto presunti stragisti. Oggi parliamo di tracce. O meglio: della totale mancanza di tracce, a parte la contestatissima goccia di sangue rinvenuta sul battitacco dell’auto di Olindo – della quale ci occuperemo in seguito – dei due coniugi nel luogo della mattanza e dell’assenza di reperti legati al delitto all’interno della loro abitazione. Ma procediamo con ordine. Come è noto, la strage di Erba si consumò intorno alle 20 dell’11 dicembre del 2006. La sera stessa i Carabinieri della locale stazione, comandati dal luogotenente Luciano Gallorini, perquisiscono l’abitazione di Olindo e Rosa senza rinvenire nulla che li potesse collegare al delitto, sebbene avessero anche provveduto a controllare il contenuto della lavatrice ancora non azionata.

Successivamente ci furono tre sopralluoghi del Ris di Parma, all’epoca diretti dal generale Luciano Garofano, nei quali l’esito fu del tutto negativo. Lo ricorda ancora oggi lo stesso Garofano in una recente intervista: “Effettuammo tre sopralluoghi in quell’area e non trovammo tracce biologiche delle quattro vittime nelle pertinenze di Romano e della Bazzi, ovvero nell’appartamento e nel camper. E questo lo posso tranquillamente confermare”. Tuttavia, appare singolare che, di fronte a un fatto così eclatante, lo stesso generale in pensione oggi sostenga di non credere affatto alla possibilità di una revisione del processo in questione.

Ora, analogamente a ciò che avvenne in altro clamoroso caso giudiziario finito sotto i riflettori dei media, il delitto di Meredith Kercher, avvenuto a Perugia circa un anno dopo, in cui nella stanza del delitto non c’era alcuna traccia di Amanda Knox e Raffaele Sollecito, qualunque persona dotata di un minimo di buon senso dovrebbe porsi la seguente domanda: ma è possibile che dopo una simile mattanza, in cui il sangue delle povere vittime aveva cambiato il colore delle stanze, i due assassini siano riusciti a occultare alla velocità della luce ogni cosa che, tanto nel luogo del delitto che nella loro casa – dove i Ris smontarono anche i tubi di scarico senza trovare nulla – li potesse collegare all’efferato crimine? In sostanza, questa fondamentale, assoluta mancanza di tracce biologiche in un mondo normale dovrebbe essere più che sufficiente a instillare in chi è chiamato a giudicare quel tanto decantato ragionevole dubbio. Ragionevole dubbio che, tuttavia ahinoi, in molti, troppi processi spettacolarizzati dalla stampa e dalle tivù rappresenta una vera e propria chimera. D’altro canto esso, il ragionevole dubbio, costituisce uno degli elementi fondamentale che differenzia un modello di giustizia basato sul garantismo rispetto a una visione sommaria e forcaiola che ancora attrae molte persone in questo disgraziato Paese.

Aggiornato il 05 maggio 2023 alle ore 09:47