La sinistra in marcia verso il nulla, con una comunista di seconda mano

Il dramma storico del comunismo, russo e internazionale, fu sintetizzato da uno striscione inalberato dalla folla di studenti e operai scesi in piazza nei giorni delle ultime convulsioni del blocco sovietico. C’era scritto: “Settant’anni di marcia verso il nulla”. Una marcia, quella, che aveva sabotato il progresso dei popoli e che lasciava dietro di sé molti milioni di morti, in Russia e nel resto del mondo: la più spaventosa e inutile ecatombe della storia.

In quei giorni e negli anni seguenti la Russia e i Paesi dell’Europa orientale finalmente riprendevano, faticosamente, il viaggio verso il progresso, l’umanità e la libertà. In Italia statisti moderati come Romano Prodi e politici svegli e spregiudicati, come Matteo Renzi, sceglievano chiaramente la linea riformista e, per un attimo, abbiamo potuto sperare che questa evoluzione fosse definitiva. Penso a questo, oggi, perché preoccupato dalla ormai chiara involuzione della sinistra italiana che, pur tra mille contraddizioni, sta tristemente e stolidamente riassumendo, con Elly Schlein, sempre più le caratteristiche di quella rabbiosa intolleranza che fu propria del comunismo. La peggiore sinistra italiana, quella che ha contribuito in maniera determinante a creare i problemi che si presentano ai giorni nostri.

Anzitutto il problema della libertà di espressione e di pensiero. Sono diventate sempre di più, negli anni, le leggi che pongono limiti alla libertà di pensiero e alla sua esternazione, per di più applicate nelle interpretazioni più estensive, tali da essere dilatabili fino a comprendere anche atti e fenomeni che poco avrebbero a che fare con il loro dettato. E, si badi bene, non stiamo parlando di leggi democratiche e di validità generale contro la violenza, da chiunque praticata. No, si tratta di leggi mirate contro una parte o addirittura una semplice di scuola di pensiero, indipendentemente dal merito e dalle sue infinite articolazioni.

Si è cominciato con il divieto di ricostituzione, dichiarato però transitorio, del Partito Fascista, giustificato con l’allora fresco ricordo di quella dittatura, si è continuato con la sanzione della sua propaganda apologetica, si è proseguito col recente reato di negazionismo, al punto di vietare di mettere in dubbio, anche su un piano puramente tecnico-documentale, la verità storica dei campi di sterminio (che è invece ben reale), verità in tal modo però assolutizzata e sottratta alla ricerca (la verità deve essere tale semplicemente perché vera e non per dogma) e fino al punto di provare a sanzionare non solo chi negava quella verità, ma anche – e questo è grave – chi semplicemente criticava una legge che limitava la libertà degli studi storici.

Si è arrivati poi a lambire autoritariamente tutti i campi, nessuno escluso. Qualunque critica agli omosessuali e alle loro un po’ maniacali lobby è diventata “incitazione all’odio” verso i diversi e rischia la sanzione di un’apposita legge. La critica all’azione di aggressiva penetrazione “politica” di talune religioni diviene discriminazione religiosa condannabile, mentre il “sospetto”, anche non definitivamente giudicato, di infiltrazioni mafiose può condurre allo scioglimento d’autorità di Amministrazioni comunali elette. E, infine, senza attendere il giudizio penale finale, si confiscano molto facilmente beni e proprietà private dei semplici indiziati di mafia. Insomma, sempre più spesso si nega alla radice l’impianto generale di uno Stato di diritto, di uno Stato di diritto liberale.

Nella prassi, se possibile, ancora peggio, si sono moltiplicate le richieste di scioglimento di partiti politici di destra, così come sono aumentati i presidi aggressivi contro le libere manifestazioni di partito, anche moderate, di quella parte. Le contestazioni di qualunque vittoria elettorale conservatrice sono divenute immediate e rabbiose e, spesso, pretestuosamente giudiziarie, accompagnate con un disprezzo dichiarato, coltivato e veicolato, dai grandi mezzi di informazione radical-chic. Basta vedere come reagiscono, dagli Stati Uniti all’Italia, dalla Polonia all’Ungheria (e oggi in Israele) a libere scelte elettorali che a loro piacerebbe tanto poter interdire su di un piano mondiale. Tutto questo sta diventando (o ritornando) un carattere distintivo delle sinistre, sia italiane che internazionali.

Il “politically correct” è ormai il sigillo della nuova intolleranza e tende ormai a estendersi a tutto, dalla larvata criminalizzazione del corteggiamento uomo-donna, alle paranoiche accuse di “assassinio” degli animali lanciate da molti animalisti vegani, mentre contemporaneamente si mina il concetto di unicità e inviolabilità della vita umana, dal concepimento alla morte. E tutto questo in un mondo in cui il villaggio elettronico globale ha certamente aperto la strada a nuove opportunità, ma anche ad enormi nuovi rischi, col Grande Fratello divenuto informatico.

I “nuovi compagni”, nonostante i travestimenti liberal, sono la più sfacciata negazione della liberal-democrazia, sempre più assente dalla loro concezione e incompatibile coi loro comportamenti. Il divieto e la sanzione, al posto del confronto delle idee, il proibire quasi tutto e ciò che non è proibito renderlo obbligatorio: questa è di nuovo la loro costante prassi politica. Ancora peggio quando si passa dalla politica all’economia e ai comportamenti individuali. Del tutto incapaci di comprendere veramente il ruolo della libertà in economia, affondano l’iniziativa privata in un mare di regole e ne chiedono sempre di nuove, confondendo il capitalismo di stato con il libero mercato. Come lo studente che copia senza capire, sono diventati solo “mercatisti” senza darsi la fatica di intelligere, di comprendere e lo stesso fanno sul piano dell’energia e dell’ambiente: danno per già completamente dimostrata la responsabilità umana nel riscaldamento globale, per effetto serra e poi combattono la forma di energia che meno di tutte lo provoca. Quella nucleare.

Sul piano dei diritti individuali, poi, la sinistra ha portato a una compressione violenta delle libertà personali, dal giustizialismo che con la cultura del sospetto e il carcere preventivo ha indebolito lo Stato di diritto e con esso le garanzie dei cittadini, alla vanificazione del diritto di proprietà, oggi reso precario dai troppi poteri abusivi attribuiti alle autorità locali che, con il “vincolismo selvaggio” autoritario e le troppe tasse sugli immobili, anche non destinati a reddito, stanno riportandoci all’alto Medioevo del signoraggio del potere sulle proprietà private altrui.

Ma dove la sinistra ha dato il peggio di sé è nell’aver annullato la speranza del futuro. Lungo tutti gli anni Cinquanta e Sessanta, lo spirito della vecchia Europa, sposato all’ottimismo americano, fu il motore che continuò a spingere i pionieri “sempre più ad Ovest”. Il desiderio di libertà sopravviveva, infatti, intatto e vitale nella Nuova Frontiera di John Fitzgerald Kennedy e Wernher Von Braun. Quello spirito, quell’eterno, irrequieto spirito occidentale, ci portò sulla Luna. Pensavamo al Futuro, non solo per idearlo e costruirlo, ma soprattutto per realizzare le condizioni per garantirlo. Penso a questo oggi: quello spirito va ritrovato. Oggi che non riusciamo a uscire da una crisi di fine Millennio, ancora ripiegati in noi stessi, in preda a dubbi, angosce e prediche catastrofiche di bigotti, guaritori, nichilisti e santoni. Penso a questo oggi, che è più che mai necessario riprendere il nostro cammino, per continuare a vivere da uomini. Non sbarcammo sulla Luna solo per un sogno (come dissero i poeti), per le ricadute economiche (come scrissero miopi economisti) o per motivi di puro prestigio (come sostennero gli agit-prop, i distratti e alcuni imbecilli) ma essenzialmente per questo: per assicurarci un futuro. Quel giorno agimmo per assicurarci l’unico futuro non solo auspicabile, ma realisticamente possibile: un futuro di libertà.

Non credo che potremmo avere un futuro col numero di figli stabilito per legge, le professioni, i costumi, le attività economiche sempre più strettamente regolate, lo spazio individuale a disposizione rigidamente fissato, una standardizzazione e massificazione dei comportamenti sempre più accentuata, una fine di tutte le differenze e le tradizioni, una pesante tutela internazionale contro le nazioni e i popoli ( tutte cose che, sfruttando come alibi i limiti finiti del nostro pianeta, ci dicono di doverci imporre e sempre più ci imporranno), senza provocare una crisi di follia generalizzata, che sola, oggi, potrebbe condurre ad una guerra totale, a massicce invasioni o a un perenne stato insurrezionale.

E la crisi Ucraina è li a ricordarcelo. Perché questo è il pericolo insito nella “crescita zero”, che non solo non esiste in natura (dove tutto invece cresce o decresce) ma è forse la più pericolosa utopia mai concepita dal pensiero di sinistra. Il pericolo di considerare l’uomo solo come una perturbazione di un preconcetto ordine naturale – preconcetto perché nella natura l’uomo invece c’è – o addirittura come un peccatore degno di scomparire o almeno da irreggimentare e comprimere, prescindendo completamente dalle sue inclinazioni e tendenze, aspirazioni e paure, fino a farne un “uomo diverso”, eterna e sciagurata tentazione di tutte le dittature, vecchie e nuove, del nazismo, delle teocrazie e, soprattutto, del comunismo.

Ecco perché lo Spazio, allora. Lo Spazio assicurerà la crescita futura e con essa la prosecuzione della nostra avventura di esseri umani, ma già da oggi dobbiamo cominciare a prepararci, sia per essere pronti quando assolutamente servirà, sia per avere – da subito – il beneficio di sapere che c’è una prospettiva di futuro per le prossime generazioni, nostra necessità psicologica e nostro dovere morale. È solo, e unicamente in questa prospettiva, che la conservazione dell’ambiente, la lotta agli sprechi, la moderazione dei consumi, diventano buon senso. Perché servono a darci il tempo di preparare la grande avventura, invece di essere il prologo di una futura immensa galera. E la storia umana, cominciata con la lotta al fuoco, al freddo, alla fame, continuerà. Non è compito nostro, semplici cittadini di oggi, colonizzare i pianeti, i figli dei nostri figli lo faranno. Ma il nostro compito è creare le premesse scientifiche, tecniche e industriali, perché essi lo possano fare quando diverrà insieme possibile, necessario e urgente.

Saranno pionieri spinti dall’interesse e dall’avventura i colonizzatori, oppure deportati, perseguitati e galeotti? Anche questo dipenderà da noi, dalla nostra capacità di avere o no difeso e sviluppato la liberal-democrazia e le libere istituzioni. E questo è il nostro secondo grande compito, che dovrebbe essere di tutti, perché di tutti sono i problemi e i diritti. A tutto ciò invece si oppone, tradendo tutte le ipotesi di socialismo nella libertà, la sinistra occidentale (e purtroppo in quasi tutte le sue articolazioni) ormai ricaduta nel clericalismo della sostituzione della ragione con la Dea Ragione, rifiutando il dubbio e la ricerca come metodo. La sinistra ormai non è più solo un pericolo per la sopravvivenza della nostra concezione liberale del mondo, il che comunque ci dispiacerebbe e molto. La sinistra è un pericolo potenziale per la semplice convivenza nel mondo stesso, con la sua intolleranza e il suo giacobinismo, con le destabilizzazioni internazionali manichee che provoca e con l’oscurantismo irrazionale che evoca, col radicalismo esagitato delle sue troppe guerre sante e la sua mal dissimulata sottovalutazione delle troppe guerre vere. La sinistra non solo non aiuta certo la soluzione dei problemi, ma ne crea di nuovi e falsi. La sinistra italiana poi, purtroppo, si è di nuovo messa in marcia verso il nulla e non commettiamo il pur comprensibile errore di chiamarli “fascisti rossi”, credendo di sottolinearne così la deriva antidemocratica, perché in realtà sono peggio: stanno tornando comunisti.

E Schlein è il prodotto più tipico di questa triste deriva, senza neanche quella rozza speranza nel progresso, che, seppur solo fideistica, almeno nell’atroce comunismo iniziale c’era, sostituita oggi dal puro cinismo di chi, pur sapendo bene che quella formula ha prodotto solo la più grande catastrofe della storia, cerca di mantenerla in vita per trattenere i voti di chi non sa rinunciare ad un sogno che era in realtà un incubo. È un comunismo di seconda mano quello di Schlein, oscurantista e parolaio oltre che cinico, che farà drammaticamente perdere altro tempo alla nazione, bloccando l’evoluzione della nostra sinistra. Ha sempre rappresentato un negativo dramma la sinistra italiana, dalla nazionalizzazione dell’industria elettrica e la crisi di borsa che segnarono la fine del miracolo economico, alla guerra alle autostrade e alle centrali elettriche che bloccò il nostro sviluppo, dal vincolismo selvaggio che frenò lo sviluppo edilizio e ha deformato le nostre belle città, alla iper-regolamentazione che ha indebolito l’iniziativa privata e la libertà economica.

E infine, oggi, con la demenza ecologica che fa del verde politico il peggior nemico del verde naturale, da sempre la sinistra è il maggior ostacolo al progresso economico, sociale e civile del nostro Paese. E Schlein, comunista di seconda mano, anche se senza il coraggio di proclamarsi tale, è l’interprete di questo ritorno pieno ai peggiori disvalori del passato. In una curiosa esternazione, Schlein stessa ha voluto, chissà perché, descrivere il proprio naso come “naso etrusco”. Non ho un parere in tale storica materia, ma sospetto però che alla neo-segretaria si possa invece bene adattare il neologismo di threenostrilled, che è poi solo la traduzione modaiola a lei dedicata del termine “trinariciuto” inventato da Giovannino Guareschi, termine che penso dovuto al fatto che l’esigenza di scovare al fiuto tutti i potenziali ribelli alla massificazione totalitaria, aveva finito per sviluppare, nei nuovi aspiranti dittatori di estrema sinistra, una terza narice. Spero di poter cambiare in futuro questo giudizio così negativo, ma i primi passi dell’ultima segreteria Pd non lasciano molto spazio all’ottimismo.

Aggiornato il 03 aprile 2023 alle ore 09:42