Bene la concertazione sulla giustizia, ma Nordio non si farà “ingabbiare”

Dopo una tempesta in un bicchier d’acqua – cioè quella che i giornali hanno creduto di vedere fra il ministro Carlo Nordio e la presidente Giorgia Meloni – ma che in realtà non esisteva, in quanto fra i due le convergenze circa la riforma della giustizia sono garantite, oggi la stampa nazionale sembra celebrare la pace. Ma pace non ci può essere per il semplice motivo che non c’era mai stata guerra. Guerra invece sembrava davvero profilarsi fra Nordio e l’Associazione magistrati, preoccupatissimi per le riforme che il ministro ha preannunciato: separazione delle carriere, abolizione del reato di abuso d’ufficio, limite alla diffusione delle intercettazioni e via dicendo. Ma l’irenismo diffuso sembra prevalere e così i mezzi di comunicazione ci raccontano che dal momento che Nordio, in sede di inaugurazione dell’anno giudiziario, ha affermato di voler difendere indipendenza e autonomia della magistratura e che comunque egli ascolterà, prima delle riforme, avvocatura, università e magistratura, il presidente della Associazione magistrati Giuseppe Santalucia, finalmente soddisfatto, ha dichiarato che esistendo l’accordo sui principi, allora i problemi saranno facilmente risolti, in quanto ogni riforma sarà oggetto di apposita concertazione. Avanzo succinte osservazioni critiche che evidenziano una sorta di strabismo politico di Santalucia.

In primo luogo, davvero Santalucia poteva credere che Nordio – magistrato di elevatissime qualità e capacità per tutta la vita – volesse minare o anche solo attentare alla indipendenza e alla autonomia della magistratura, attraverso qualche subdola manovra riformatrice? Solo immaginarlo suona offensivo per l’intelligenza di entrambi. Preferisco ipotizzare che Santalucia abbia ceduto al consueto modo di contestare le iniziative governative da parte di certe forze politiche che, non avendo nulla da dire, si limitano a intonare un logoro ritornello, che denuncia l’attentato a indipendenza e autonomia. In proposito, c’è da dire come sorprendentemente Santalucia, preoccupato di queste due dimensioni, non si curi invece per nulla di una terza qualità che ogni magistrato non può non possedere, pena la sua stessa dissoluzione: la imparzialità, vale a dire il saper mantenere un necessario equilibrio fra le parti in causa, senza propendere pregiudizialmente a favore di nessuna. È ovvio infatti come il principio più determinante, per il giudizio di diritto, sia proprio quello dell’imparzialità: che farsene infatti di un giudice indipendente e autonomo – cioè non eterodiretto dall’esterno – se poi costui non riesca a garantire una reale equidistanza fra le parti, perché – ad esempio – asservito ad una ideologia o vittima di un pregiudizio, occultati nel profondo della propria coscienza?

Insomma, il giudice, pur se indipendente, o è imparziale o semplicemente non è: ma Santalucia non sembra curarsene e ciò, vista il ruolo che egli riveste, preoccupa non poco. In seconda battuta, osservo che se Santalucia – come pare da ciò che la stampa riporta – intende affidarsi alla concertazione nel senso strettamente politico del termine, allora egli sbaglia di grosso. E sbaglia perché, conoscendo la nitidezza intellettuale, la personalità morale e la volontà politica che contrassegnano Nordio, mi pare si possa ragionevolmente affermare che tutto egli sia disponibile a fare tranne che impantanarsi nelle sabbie mobili della concertazione. Per capirci: la concertazione implica che tutti i soggetti sociali interessati ad una certa questione, seduti attorno ad un tavolo, discutano per tutto il tempo necessario – settimane, mesi, anni – fino a raggiungere un accordo di tutti su tutte le soluzioni da adottare. Dal momento poi che i vari soggetti la pensano molto diversamente, l’accordo si traduce ovviamente in una serie di compromessi, fermo restando che non ci si alzerà dal tavolo se i compromessi non saranno raggiunti su tutti gli aspetti della questione, anche nei dettagli fino allo sfinimento.

Risultato: costoro – i concertanti – sembrano aver fatto tutto, ma in realtà non han fatto nulla: hanno deciso di non decidere, fingendo invece, come gattopardi, di aver tutto deciso. Ebbene, l’Italia è andata avanti così per decenni e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Da ultimo, hanno chiamato riforma quella della Cartabia, mentre si trattava della ennesima finzione sociale, i cui esiti si son dimostrati un pastrocchio senza eguali, proprio perché frutto di compromessi e mediazioni. Nordio non cederà mai a questa logica perversa dell’impantanamento istituzionale. Il ministro ha detto infatti dall’inizio che le riforme intende farle e che le farà. Certo, ascolterà tutti con attenzione – magistrati, avvocati, giuristi. E poi, consapevole che i veri interessati alle riforme non sono costoro ma sono i cittadini – dei quali Santalucia non si cura – deciderà senza concertazione. Santalucia forse lo ha dimenticato: si chiama democrazia.

(*) Tratto dal quotidiano La Sicilia

Aggiornato il 30 gennaio 2023 alle ore 13:25