Etica dell’immigrazione

Indubbiamente ha ragione Giorgia Meloni a insistere nel distinguere chi richiede asilo per motivi politici dai migranti economici”. Circa il primo caso, quando sussistono le condizioni, il presidente del Consiglio ritiene che l’accoglienza debba essere senz’altro concessa. Infatti, costoro non possono essere rimandati indietro. Se rimpatriati, dopotutto, finiscono nelle fauci del tiranno. E, molto spesso, vorrebbe dire condannarli a morte.

Mi ricordo, quando ero un giovane avvocato, che ho dovuto difendere un libero professionista iraniano, regolarmente sposato a un’italiana e con figli. Risiedeva a Roma quando la rivoluzione islamica scoppiò nel suo Paese d’origine. Era un aristocratico, apparteneva a una famiglia vicina all’Imperatore spodestato. Alcuni funzionari italiani, parliamo di quelli che “ragionano con il cappello”, gli avevano revocato il permesso di soggiorno. Infatti, il nuovo Governo khomeinista aveva richiesto un suo immediato rimpatrio. In quella fase, quei maestri coranici – ignoranti e fanatici – facevano funzionare le forche, forse, più di oggi. Per fortuna, un magistrato intelligente emise un provvedimento d’urgenza, per bloccare la misura amministrativa, fino alla conclusione dell’iter d’ottenimento della cittadinanza italiana per un marito e padre di italiani, il quale svolgeva, da anni, la propria professione nel Belpaese.

Invece, diversa è la circostanza degli immigrati cosiddetti economici, cioè in cerca di migliori condizioni di vita. L’immigrazione clandestina, in questo caso, non può essere tollerata. Il fenomeno va gestito, infatti, regolarmente. Cioè con il “decreto flussi”, in cui si stabiliscono le quote d’immigrazione in rapporto alle esigenze del mercato del lavoro. Occorre, però, per motivi morali, prendere in considerazione, cosa mai fatta finora, la necessità di fornire una corsia preferenziale a chi proviene da nazioni un tempo incluse nei domini coloniali italiani. Il colonialismo ebbe tanti difetti. Talora, tuttavia, rappresentò anche l’assunzione dell’onere di civilizzare popolazioni che, ancora, si trovavano in uno stato primitivo o feudale. Il colonialismo italiano, intrapreso tardi e finito presto, a causa della sconfitta bellica, ha avuto poco tempo per radicare la civiltà nella mentalità di quelle genti. Dittature perpetue, autoritarismi, Stati “falliti”, sono la conseguenza di ciò. Carestie, fame e miseria ne costituiscono il risvolto economico e sociale.

Accogliere gli sbandati che fuggono disperati, rimpolpare il bilancio delle loro famiglie con le rimesse, aiutare ad esportare in Patria la civiltà cui ambiscono, è doveroso da parte nostra. Andrebbe stabilita, quindi, una corsia preferenziale a chi promettemmo “libertà d’amore e di pensiero”. Sarebbe utile che liberali venissero associati anche a questo discorso. Roma non “rivendica l’Impero”, perché il più fattivo dei ministri delle Colonie, sotto il profilo dell’incivilimento, fu il più antifascista dei liberali: Giovanni Amendola.

Aggiornato il 21 gennaio 2023 alle ore 09:24