Il governo Meloni e la nuova sintesi europea

L’incontro d’inizio settimana fra Giorgia Meloni, presidente del Consiglio dei ministri, e Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, è stato riferito, dai mezzi di comunicazione sociale, in modo piuttosto banale. Una pressione per ottenere comprensione per posizioni del governo nazionale. La limitazione dell’immigrazione clandestina in Italia. La necessità di concedere una revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza in precedenza approvato. Esso era stato redatto prima dell’invasione russa dell’Ucraina. Quindi, coi prezzi degli approvvigionamenti energetici molto più bassi. Se quel piano non venisse, perciò, rivisto, i bandi di gara per l’assegnazione delle opere andrebbero deserti, nell’impossibilità delle imprese di farvi fronte. In realtà, queste due questioni rientrano nella ricerca di nuovi equilibri da parte del primo governo conservatore italiano.

Vuol far fare all’Unione europea un deciso passo avanti. Essa presidi il Mediterraneo con una “flotta europea”. Occorre salvare vite umane, col rendere le traversate clandestine impossibili. Si costituiscano, in Africa settentrionale, centri d’accoglienza e smistamento comunitari, per esaminare i richiedenti asilo e gli altri migranti. Decidere chi abbia i requisiti per essere accolto nell’Unione europea, e in quale Stato membro, e coloro i quali debba tornare a casa, senza rischiare la pelle su bagnarole in mare. Necessita un piano di sviluppo europeo per le nazioni arretrate, perché sempre più persone trovino lavoro a casa loro. Occorrono regole di bilancio più flessibili, per stimolare una ripresa produttiva nelle nazioni e nell’Unione europea, data la mutata congiuntura.

Dalla nascita della Comunità carbosiderurgica l’integrazione europea progredisce, e fa più prospere le nazioni, quando supera, istituzionalmente, nuove difficoltà congiunturali, quasi sempre prima impreviste. I governi e le forze politiche italiani hanno avuto atteggiamenti diversi negli anni. La volontà, francese e tedesca, di farla finita con la lotta per conquistare il bacino, minerario ed industriale, della Ruhr, sfociata nelle due guerre mondiali del vigesimo secolo, spinse all’istituzione della Comunità carbosiderurgica. Alcide De Gasperi e i centristi compresero quanto, se anche l’Italia fosse meno interessata, valesse la pena vi partecipasse. Fu l’avvio del processo. Quando l’avvertita necessità di proteggersi da Beppone Stalin, e il timore d’un riarmo tedesco, fecero tentare il salto ad una Comunità europea di difesa, e il rilassamento per la morte del Babau fece tramontare la cosa, un grande liberale italiano prese l’iniziativa: Gaetano Martino. Con la Conferenza di Messina, e il successivo negoziato, si arrivò ai trattati di Roma.

Fu l’idea italiana a trasformare la proposta di una semplice Comunità dell’agricoltura in una Comunità economica generale, affiancata da una sul nucleare pacifico. S’è riavviato il processo, sfociato nell’attuale Unione europea. Con l’estromissione dei liberali dal governo italiano, e il centrosinistra, moroteo e nenniano, l’Italia, prima alla guida delle istituzioni comunitarie, però, è uscita dal “gruppo di testa” del giro. L’Europa venne invocata quando si voleva fregare i cittadini. Per esempio, inserendo nelle leggi d’attuazione di direttive comunitarie norme vessatorie seppur esse, con la materia della disposizione cornice supernazionale, non entravano per nulla. Il Parlamento europeo venne usato come casa di riposo per parlamentari scaduti.

Oggi Giorgia Meloni sta pedalando per raggiungere il primo posto nel gruppo di testa del giro, come capo del governo italiano e presidente dei Conservatori europei. Di qui l’incontro con Manfred Weber, il presidente del Partito popolare europeo. Per sfilare i centisti dal rapporto coi socialisti nel Parlamento europeo. Tenta una loro alleanza coi conservatori, prima delle elezioni del 2024. Però, per ottenere una maggioranza solida, occorrerebbe avere anche con sé i liberali. I liberali europei nacquero a destra. Nei primi parlamenti, non eletti a suffragio universale diretto, tra i partiti italiani si annoverò, oltre al Pli, stella e corona di Alfredo Covelli. Non erano certo quei socialisti sotto falso nome dei nordamericani. Adesso ci sono, tra essi, posizioni diverse. Molti partiti nazionali, tuttavia, restano a destra, come il maggiore degli olandesi. Mal sopportano il rapporto coi socialisti. Il Partito liberale italiano è a destra, ed è tra i fondatori, anche se adesso, per un’eclissi pluriennale, non ha eletti propri. Pedalare una bicicletta con una ruota liberale potrebbe essere particolarmente legittimante per raggiungere il gruppo di testa.

Aggiornato il 12 gennaio 2023 alle ore 09:31