Se c’è un surplus non solo mediatico contro Matteo Salvini

È la prima volta che su Matteo Salvini le critiche, i dissensi e le contestazioni stanno assumendo toni e forme in aumento, giorno dopo giorno. Neppure ai tempi del Papeete si erano scalmanati contro il suo spericolato attore i nemici di sempre, in nome e per conto di un politically correct che quell’impresa estiva aveva sfregiato. E neppure nell’incauta citofonata con quell’indimenticabile “scusi, lei spaccia?” le contestazioni avevano toccato il diapason di quelle attualmente in corso.

Certo, la politica condotta dal Capitano suscita un’impressione niente affatto effimera e poco produttiva di consensi (si vedano i sondaggi), nella misura in cui la sua gestione ripropone ritmi e cadenze di quella tipologia di film dei quali il regista impone un’esecuzione senza soste e un montaggio serrato, incalzante, senza un attimo di tregua. Regista e attore di se stesso: Matteo Salvini è diventato, ultimamente, l’emulo dell’indimenticabile “Agente 007, dalla Russia con amore”, spostando il baricentro di una politica “ammodo” di stampo draghiano verso terreni movimentati, tanto più consoni al suo stile quanto meno graditi alla maggioranza mediatico-politica. E la sua annunciata spedizione di amicizia in Russia ha fatto da detonatore all’incalzare delle riprovazioni riaccese dall’apparizione sulla scena del secondo protagonista, quell’Antonio Capuano sconosciuto ai più, benché abbia svolto ruoli e funzioni non estranee ai governi passati. Tant’è che in qualche attento osservatore è sorta la domanda (retorica) “chissà se anche a Matteo Salvini questo personaggio si è presentato come faceva dieci anni fa con gli ambasciatori del Golfo Persico”. Apriti cielo! Come sostenevano i nostri vecchi cui la sorte, per loro fortuna, evitò clamori del genere nell’assenza, come si diceva, della attuale spinta di un apparato mediatico che nel caso Salvini-Vladimir Putin ha toccato vertici di una quasi uniformità, sia pure temperata dal prevalere della situazione a rischio guerra, in un’Europa nella quale l’ironia della sorte sembra stia riproponendo la sua spaccatura d’antan.

È incontestabilmente vero che Matteo Salvini se ne sia infischiato del bon ton delle eterne leggi della diplomazia con una dinamica al di fuori del rapporto con lo stesso Esecutivo di cui fa parte e nel quale, non a caso, il ministro Giancarlo Giorgetti non ha taciuto, sia pure con la consueta eleganza, l’improduttività di proposte suggestive di un viaggio in Russia, per il quale occorre muoversi di concerto con il Governo. Ma va pur detto che l’iniziativa salviniana si muove dentro un perimetro di collaborazione cui la sua amicizia con Putin è, semmai, di utilità. E, come si dice, di stimolo al di là della personalizzazione di una vicenda nella quale la stessa “apparizione” di quell’Antonio Capuano che sembrerebbe svolgere in questa vicenda, trasformatasi in una sorta di storia di spionaggio all’italiana, un compito di sherpa che a qualcuno non appare irrilevante, sì da auspicare indagini del Copasir.

E chi più ne ha più ne metta nel mirino puntato contro Matteo Salvini, di cui la “sua” Lega sta rivelando un certo malessere negli interna corporis che, nei fatti, si ridurranno a schermaglie inevitabili, come ha detto lo stesso Capitano. Ma che testimoniano il netto calo di un’unanimità i cui effetti si vedranno. Prima o poi.

Aggiornato il 06 giugno 2022 alle ore 09:36