Quel no al Papa di far pregare insieme una donna russa e una ucraina

Papa Francesco ha un bel dire, pardon, un bel pregare. Ha un bel coraggio, dicono alcuni, mentre altri si limitano a evocare la sua alta missione. Chissà come finirà… no, non questa guerra, che è la causa dei nuovi problemi papali. Lo sappiamo che cosa proponeva e cosa propone il Papa: si tratta di una donna russa e una donna ucraina invitate a recitare insieme la Via Crucis a San Pietro. Un invito simbolico.

Ora, la Via Crucis è uno dei più alti e drammatici omaggi, provenienti dal Medio Evo, alla passione e alla morte di Gesù Cristo. È qualcosa di più di un rito offerto dalla sterminata liturgia cattolica, è una vera e propria rappresentazione a puntate, quante sono le “stazioni” della Via Crucis percorsa da Cristo sul Calvario. L’invito di Papa Francesco è rivolto a due donne che in questi tragici giorni in Russia e Ucraina vivono sulla propria pelle la tragedia di una guerra che non risparmia nessuno. Questo vuole dunque essere un momento di pace, una tregua, un attimo di sospensione di fronte al sangue versato in quelle terre. Sangue che inevitabilmente si coniuga con quello del Calvario, traendo da questo un insegnamento che va oltre sia le opposte trincee fratricide, sia le divisioni interne alle due Chiese, la cattolica e l’ortodossa. Era sembrato ai più che l’invito del Papa rientrasse, appunto, in questa aspirazione di momentanea pace alla ricerca di quella vera, un obiettivo che da parte del Cristianesimo e del Cattolicesimo è per così dire obbligatorio. Una sorta di atto dovuto, ecco. Un obiettivo che sembra purtroppo allontanarsi dopo il rifiuto della ambasciata russa di permettere l’insolita Via Crucis al femminile. E questo niet, finora sottovalutato da non pochi osservatori, va oltre il rifiuto al Papa, rifiuto che in sé costituisce uno sgarbo ma che diventa un’offesa erga omnes tanto più grave quanto più tragica è la situazione in Ucraina. Non solo: la necessità di una preghiera di qualsiasi culto cristiano è avvertita persino da molti laici. E da quanti vogliono la pace.

A una prima lettura della posizione della Chiesa ortodossa che, tra l’altro, è stata assai dura fin dall’inizio nel respingere seccamente l’invito papale, ci si trova di fronte a un insieme di ragioni che sembrano rientrare nelle dispute di stampo religioso, che pure con la realtà hanno sempre mostrato un rapporto strettissimo, ma che scritte oggi e in quei termini lasciano abbastanza stupiti noi europei (“europei” più di loro, molto di più). Ciò che in effetti è fonte di stupore è la ragione autentica di quel niet che va cercata soprattutto, oltre che nella storia, nella psicologia di un popolo immenso ma compatto, sostanzialmente autosufficiente, che bada a sé ma che, al tempo stesso, avverte che quel “badare” si trasforma a volte in una camicia di forza, in una sorta di auto-prigionia che anche le novità raggiunte non riescono a scalfire, se non in superficie. E che il rifiuto a concelebrare una preghiera conferma, se ce ne fosse ancora bisogno.

Aggiornato il 15 aprile 2022 alle ore 09:29