Guerra e giornalismo: il rifiuto del pensiero critico

Volendo saggiare il nuovo “mainstream” che a proposito della guerra oggi in Italia si pone come pensiero tendenzialmente esclusivo, non ammettendo il dissenso se non per censurarlo – come avvenuto per la pandemia - basta leggere i due “tagli bassi” con cui sul Corriere della Sera Massimo Gramellini si è espresso sul tema.

Con sottile ironia, il giornalista, protagonista anche di trasmissioni televisive di indubbia qualità, nel primo pezzo, riflettendo sulla guerra, si dice vacillante “sotto i colpi degli intellettuali più complessi”, i quali insistono, secondo lui sbagliando, sulla necessità di evitare una interpretazione manichea, per la quale Vladimir Putin sarebbe per definizione “il cattivo” e Volodymyr Zelensky “il buono”; nel secondo pezzo, invece, Gramellini se la prende con Alessandro Orsini, colpevole, nel meditare sulle motivazioni della guerra, di giudicare riprovevole tanto i comportamenti passati dell’Occidente quanto quelli presenti di Putin. E comunque ad Orsini è andata bene, perché Gramellini è persona educata, limitandosi ad ironizzare, ma nulla di più.

Meno bene invece è andata a Luciano Canfora e a Franco Cardini. Canfora, invitato nella trasmissione condotta da Concita De Gregorio, dopo aver ricordato – nella qualità di eminente storico di fama internazionale – i gravi errori commessi, negli ultimi venti anni, dall’Occidente in Ucraina nei confronti della Russia, si è sentito investire con veemenza da Federico Rampini che gli ha gridato di “non dire scemenze”.

Cardini, invece, mentre – nella qualità di storico dei rapporti interculturali – in altra trasmissione proponeva una lettura critica della contrapposizione fra Occidente e Russia, è stato interrotto da David Parenzo, che gli ha rimproverato di non saper capire il presente della guerra, perché fossilizzato sul passato.

Ovviamente, i due storici hanno reagito con classe innata alla maleducazione dei due giornalisti: Canfora ha ironicamente ringraziato Rampini della gentilezza, mentre Cardini ha ricordato a Parenzo che chi non riflette sul passato è destinato a non capire nulla del presente né del futuro.

Questi episodi inducono alla riflessione non solo per constatare come la generazione dei grandi giornalisti del passato – quella di Indro Montanelli, Enzo Biagi, Giorgio Bocca, Ugo Zatterin ecc., che sapeva unire raffinata educazione ed eccellente capacità critica – sia ormai quasi del tutto scomparsa, sostituita da altra generazione che sconosce elementari regole di civiltà (ce li vedete quei grandi del passato insolentire in diretta televisiva i propri interlocutori?); ma anche per verificare come questa nuova genia giornalistica (e non solo) rifiuti categoricamente l’esercizio del pensiero critico.

Basta considerare a cosa siano destinati molti dei servizi televisivi: si succedono scene più o meno strazianti, bombardamenti, sofferenze, distruzioni, colonne di profughi, ospedali zeppi di feriti ecc..

In tal guisa, si influenza la componente emotiva di ciascuno di noi, mettendo fra parentesi quella intellettiva: per carità, comprendo bene che la guerra, ogni guerra, è anche questo, ma mi pare evidente che non è soltanto questo.

Se non si vuole che le trasmissioni di approfondimento politico si riducano – come di fatto già avviene – ad una carrellata di immagini ed informazioni commoventi, ma prive di pensiero, occorre mettere in chiaro alcuni aspetti.

Occorre cioè comprendere che se i conduttori televisivi invitano pensatori come Canfora, Cardini e come lo stesso Orsini, non è per intonare lamentazioni corali sul dramma della guerra e delle distruzioni che essa comporta, ma, al contrario, per discuterne le cause profonde, finalizzandole alla ricerca della pace: il che è esattamente ciò che tentavano di fare costoro, ma traendone solo sarcasmi e insolenze in diretta televisiva e senza che i conduttori intervenissero per censurare la maleducazione così espressa.

E se ciò significa stigmatizzare il ruolo svolto dalla Nato in territorio ucraino purtroppo propiziatore della guerra, è assurdo far finta di nulla.

Il fatto è che purtroppo oggi chi non si schiera con Putin o contro Putin nel solco di un manicheismo concettuale farsesco, esponendosi nel primo caso agli applausi e nel secondo alle reprimende, non viene neppure ascoltato.

Certo – come nel caso della pandemia – occorre un pensiero articolato e non una semplice opzione fideistica. Ma è proprio questo che viene irriso ed osteggiato. Nessuna epoca come la nostra è stata così nemica del pensiero.

(*) Tratto dal quotidiano La Sicilia

     

Aggiornato il 26 marzo 2022 alle ore 12:07