Le persone se ne vanno, ma gli insegnamenti restano

Così, ci ha lasciato anche Antonio Martino. La legge della vita è questa: tutti siamo chiamati, prima o poi, ad abbandonare l’esistenza terrena e per i credenti (chi scrive appartiene a tale categoria) ad andare verso un “oltre” che non è il nulla. Tocca a tutti, a noi stessi, ai nostri cari, ai nostri punti di riferimento, a chi vorremmo fosse eterno e non morisse mai. Tuttavia, se i corpi in carne e ossa a un certo punto smettono di funzionare, rimane sulla Terra ciò che di buono una persona ha fatto e detto durante la propria vita.

E quanto lascia Antonio Martino, in termini di idee e insegnamenti, è molto prezioso. In particolare, la sua eredità ideale deve essere custodita e non sciupata dai liberali, dai libertari, dai conservatori e da tutti coloro i quali lavorano, nonostante i tempi poco incoraggianti, a un’alternativa alle sinistre, ai neo-centrismi amanti della tecnocrazia e a ciò che rimane del grillismo. Allievo di un maestro del calibro di Milton Friedman, si è fatto interprete di un liberalismo, diciamo così, netto, ossia ben riconoscibile attraverso il liberismo in economia, la ricerca dello Stato minimo e una visione libertaria della società. E privo di quegli ondeggiamenti lib-lab di chi si riempie la bocca di valori liberali, ma nei fatti supporta tutte le varianti dirigiste della politica. Un liberalismo classico e puro senza troppi compromessi, ma dallo stile garbato, ragionato e non urlato. Era un autentico rappresentante in Italia di quel conservatorismo liberale anglosassone, predicato e messo in pratica da Ronald Reagan e Margaret Thatcher.

È stato uno dei primi e dei pochi a denunciare i limiti, poi venuti tutti alla luce, di una Unione europea quale gigante burocratico e nano politico. In un Paese come il nostro, poco incline a perseguire i valori di libertà, le idee di Antonio Martino sono state e rimangono purtroppo minoritarie, persino nel partito ch’egli contribuì a fondare. Martino aveva la tessera numero 2 di Forza Italia, immediatamente dopo Silvio Berlusconi. Oggi l’establishment forzista ha solo parole belle per Antonio Martino, (si sa, quando si passa a miglior vita è difficile ricevere critiche), ma dimentica che il liberalismo schietto dell’ex ministro, nonché economista e accademico, fu presto messo ai margini per lasciare spazio a ex democristiani ed ex socialisti.

Martino fu sia ministro della Difesa che titolare degli Esteri nei governi Berlusconi. Due dicasteri importanti, nei quali il suo lavoro fu più che utile, grazie anche a un atlantismo convinto. Ma il suo liberismo, forse giudicato eccessivo da taluni ambienti di Forza Italia, non gli permise mai di occuparsi di economia. Idee e valori minoritari quelli di Antonio Martino, ma tuttora utili e utilizzabili soprattutto per chi si accinge a costruire e radicare un nuovo Partito Conservatore in Italia.

Aggiornato il 12 marzo 2022 alle ore 09:07