Guerra all’artefatto

Lo ripeto in epigrafe: sono un patriota, la mia Nazione fa parte di una istituzione supernazionale, oltre che di organizzazioni internazionali e di un’alleanza. C’è una guerra in corso, la mia Patria sta da una parte e io sto da quella. Detto questo, penso certe dichiarazioni di Sua Santità Kirill, Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’ vadano prese molto sul serio e non banalizzate. Come in fondo Aleksandr Gel’evič Dugin ritiene il mondo greco e romano, la sua prosecuzione costantinopolitana nel Cristianesimo ortodosso e altro, patrimonio spirituale comune dell’Eurasia, minacciato dal recente decadentismo in cui s’è involto l’Occidente. A questo la Russia deve fare guerra.

Personalmente sono stato segretario generale e vicepresidente della Lega italiana dei diritti dell’uomo, e ne volli come presidente d’onore Valerio Zanone perché, a mio parere, quei diritti di libertà sono l’eredità imperitura del liberalismo. Poi sono scoppiati dei dissidi interni, per cui ne sono uscito ma, sebbene invitato, non ho aderito ad altre iniziative. Mi riprometto, quando la salute me lo consentirà, di riprendere la battaglia. Il motivo vero per cui mi sono preso questa pausa di riflessione, però, è perché ravviso una necessità di esaminare la natura dei diritti umani. Per lunghi secoli essi sono stati visti come fasci di poteri e facoltà inerenti la natura antropologica. La dichiarazione di essi alla fine della Gloriosa Rivoluzione inglese, nella Dichiarazione d’indipendenza nordamericana, negli Immortali Principidel 1789 francese, fino alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite adottata il 10 dicembre 1948 e alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del Consiglio d’Europa hanno questo retroterra. Le disposizioni dei singoli documenti, però, recano formulazioni diverse. Ciò ha fatto pensare che fossero un mero prodotto storico, più che fondate sulla natura antropologica dell’essere umano. In Italia questa fu la posizione del liberale Benedetto Croce, nella celebre risposta a un quesito dell’Unesco. Di qui nacque l’idea di dividere i diritti umani per “generazioni”. Ne approfittarono i comunisti cinesi i quali, nel 1995, ospitarono la Conferenza della Nazioni Unite sui diritti della donna, per poter dire d’essere all’avanguardia in tema, poiché attestati sull’ultima “generazione”, e di quelli precedenti poco importava perché “borghesi”.

Veniamo alla teoria del gender. Fino alla Conferenza di Pechino si parlò di parità tra i “sessi”, tra gli esseri umani decisi da madre natura. Un vecchio detto per spiegare il sistema rappresentativo britannico recitava “il Parlamento può tutto, fuorché trasformare un uomo in donna”, per dire che può deliberare su ogni argomento, meno sulla natura delle cose. Casablanca avrebbe dimostrato non essere così, per cui s’è passati dal sesso al “genere”, cioè dal dato di natura da una scelta, della quale si rivendica la libertà. Questo, però, vuol dire sganciarsi definitivamente dalla natura, per entrare nell’“artificio”, dall’Umanesimo al “Transumanesimo”, secondo il quale l’uso delle scoperte scientifiche – e delle relative tecnologie – deve essere usato per aumentare le capacità fisiche e cognitive e migliorare la condizione umana.

Il termine sarebbe stato usato, per la prima volta, con questo significato, in un testo del 1957, da Julian Huxley, il quale lo avrebbe ripreso da Pierre Teilhard de Chardin, un gesuita. Nessuno cita, però, Friedrich Wilhelm Nietzsche, il suo incipit del “Così parlò Zarathustra”, in cui immagina un superuomo del futuro, nell’atto di guardare un essere umano come quello odierno, nella maniera in cui noi oggi indirizziamo lo sguardo a una scimmia. In questa visione, però, v’è ancora l’aspettativa di un’evoluzione naturale, non ancora artificiosa, tecnologica, per esempio con l’installazione di microchip.

A proposito di scimmie antropomorfe, si è pensato anche a ibridi con l’uomo, per generare esseri sufficientemente evoluti da poter svolgere lavori umani, ma senza godere di diritti, perché bestie. Di fronte a questo, è un monito non trascurabile l’opposizione bellicosa a questa deriva dell’Occidente verso l’artificio di una massima autorità religiosa cristiana, cioè fondata sul culto del Teantropo, del Dio-uomo, incarnatosi per divinizzare l’essere umano ma elevandone lo spirito, non intervenendo su un corpo senz’anima né spirito, scambiando per libertà l’artificio. Inoltre, non è onesto trascurare come il Patriarca Kirill non confonda questa dimensione con le sofferenze della gente, con le donne e con i bambini da non coinvolgere, e preghi per il ristabilimento della pace, per loro. La guerra, nella realtà, è scoppiata per le più banali ragioni geopolitiche. Non la si trasformi in una crociata. Nella coscienza degli ortodossi, ancora pesa soprattutto la quarta.

Aggiornato il 11 marzo 2022 alle ore 09:42