
Fin da bambini siamo stati abituati a quel gioco di inseguirsi a seconda delle “toccate e fughe”, talché un simile divertimento è diventato nel tempo un avvertimento, prima di riconoscimenti al vincitore di turno. Adesso tocca a Matteo Salvini prender atto che una visita ad Arcore è meglio di scappellamenti vari tanto più se, per fermare la veloce corsa della Giorgia Meloni verso la leadership, l’idea di una Federazione di centrodestra sul modello repubblicano americano può stuzzicare un Silvio Berlusconi rimasto finora un untouchable sotto i duri colpi da western di queste settimane.
Intoccabile o no, Berlusconi sembra avere guadagnato il pallino del gioco finalizzato a una rifondazione del centrodestra e, tra l’altro, la stessa idea della Federazione con la Lega è gradita all’ala filo-leghista del Senato, un po’ meno a quella filo-governativa, con un “no” secco da Fratelli d’Italia. Qualcuno avanza la conclusione che, messo com’è, Salvini non può perdere l’occasione d’oro di annettersi Forza Italia, riducendo drasticamente la primazia meloniana. Nel tal caso, il parlare di rifondazione o annessione del centrodestra servirebbe soltanto a mascherare le tecniche eliminatorie care al compagno Stalin. In questo quadro, l’istanza maggiore per la Lega è di assumere decisioni ultimative sul proprio futuro, più o meno immediato, di una collocazione che la sottragga definitivamente alle sirene separatiste, cioè all’opposizione, dando invece più ascolto alla voce dei territori e, ovviamente, a una politica in un certo senso più berlusconiana che salviniana.
Ma se la Lega piange (in un certo senso) il Movimento Cinque Stelle non ride, anzi. Chi più si è esposto, et pour cause, nella politica filo-governativa è il ministro Luigi Di Maio che ha nel Partito Democratico un alleato di ferro quanto a stabilità governativa: quieta non movere è infatti l’ideale di Enrico Letta. Ma nei pentastellati la musica è diversa, basta dare una scorsa ai social sui quali l’attacco a Di Maio è organizzato al meglio (o al peggio) a base di critiche di bassissima lega, le stesse peraltro usate dal M5S a suo tempo contro i partiti “infami e corrotti”; perciò l’attacco a Di Maio è talmente pesante da evocare quella macchina del fango in cui furono specialisti sempre quei grillini oggi colpiti dalla Dea Nemesi.
Quanto al Pd, c’è da registrare una virata di Letta verso il proporzionale, eliminando il famigerato (per ora) Rosatellum, probabilmente per aprire a più formule di Governo dopo il voto, ma questo cambio del campo largo piddino significa soprattutto che Letta guarda anche al centro e, dunque, all’area più rappresentativa della centralità politica da sempre patrimonio della berlusconiana Forza Italia. Non a caso, si odono spesso sollevarsi da quelle parti l’indimenticabile refrain “tutti mi cercano, tutti mi vogliono”.
Aggiornato il 03 febbraio 2022 alle ore 10:13