Quella mossa che ha creato il caos nei partiti

Adesso tocca al Movimento Cinque Stelle l’ora del lamento. E del caos. A essere sinceri, non si capisce bene se i piagnistei e il nervosismo di Giuseppe Conte, grande amico di quel Goffredo Bettini eminenza grigia del Partito Democratico, siano dovute a guai veri e non piuttosto a qualche consiglio troppo forte o troppo personalistico. Fatto sta che, lamentoso o nervoso, il buon Conte farebbe bene ad allargare l’orizzonte oltre il Pd, ragionando sul fatto che il suo consigliere non ne ha azzeccate molte.

Il punto – anzi, il punctum dolens – dei partiti è bene esemplificato da un Giovanni Toti, oggi presidente della Regione Liguria ma ieri capace giornalista, quando parla di “circo equestre” riferito al complesso di comportamenti di gran parte dei personaggi politici alla vigilia del voto per il Colle più alto, ma con l’avvento se non anche lo stimolo più vivo e pungente della proposta o autoproposta di Silvio Berlusconi: quel posto lo merito io. E, a dire il vero, di meriti ne ha più di uno e più di altri. Intendiamoci, il circo equestre come metafora funziona in una immediata visione e in una presa d’atto di una situazione che è in fieri, destinata cioè a modificarsi mano a mano che si avvicina il 24 marzo. E, solo allora, chi ha carte da giocare le giocherà.

Intanto, resta il clima di una vigilia nella quale la storica assenza (morte) dei partiti ha favorito le prediche individuali correlate da profezie nominalistiche, cioè con nomi e cognomi, senza alcun ritegno per gli interessati. Del resto, la decisione per Vittorio Sgarbi come addetto a telefonare agli incerti non era esattamente la scelta di un personaggio, benché esperto, di grande abilità e cultura ma non dotato di quella che i siculi chiamano, sibilando, bocca cucita. E ne è derivato un caos in special modo nel Pd, dove ha fatto e fa aggio l’eterna divisione interna che ha impedito la proposta di un loro nome, ragion per cui l’unica linea espressa da Enrico Letta è il “no” a Berlusconi. A parte gli eventuali suggerimenti dell’eminenza grigia di cui sopra.

Il che conferma che l’uscita berlusconiana ha bruciato non soltanto i tempi ma le contro-proposte dei partecipanti al gioco più importante della democrazia parlamentare, i cui rappresentanti avevano considerato come una boutade l’esternazione del Cavaliere, dimenticando l’antica massima di Gianni Letta, che lo conosceva bene e che recitava: Silvio fa sempre sul serio, anche quando scherza. Ma, lo ripetiamo, il vero limite di questa vigilia, quello che rischia di trasformarla in una sorta di gioco di biliardo o di scala quaranta, è quella che chiameremmo “chiacchiere fra portinaie”, dando a quel circo equestre un sottofondo di mormorazioni e previsioni che ne rendono apparentemente succose le attese, ma soltanto per la durata d’un mattino, se non meno.

Come si diceva: la scomparsa dei partiti intesi come strumenti di formazione di parte ma collettiva, come corpo di un insieme in grado di dare voce e decisioni comuni è ciò che fa la differenza e, di fatto, l’esplosione degli individualismi è stata ed è in questa lunga vigilia la conferma di un andare ciascuno per la propria strada, non perché mossi da un legittimo desiderio di protagonisti della politica, ma di protagonismo, di ricerca di pubblicità, di visibilità, di vanità. E adesso, che in certuni avanza la preoccupazione che forse, anzi senza forse, Silvio Berlusconi fa sul serio, il mormorio ha qualche sosta in pause di silenzio, nel quale prevale non una eventuale e del resto obbligatoria risposta politica alternativa, ma la preoccupazione dello stop della legislatura. Ma è di un altro stop che sono profondamente preoccupati: quello al vitalizio.

Aggiornato il 18 gennaio 2022 alle ore 09:30