Presidenza della Repubblica: un problema che va oltre l’elezione

Si stanno sprecando pagine e addirittura paginate anche sui quotidiani più austeri con lo sguardo alla imminente votazione del nuovo presidente della Repubblica. È l’annuncio di una scelta faticosa e difficile. Si dirà: è normale che tale votazione richieda un surplus di difficoltà e, come scrive un giornalista-storico come Paolo Mieli a proposito del Colle e della Storia, “il problema non è chi debba essere eletto presidente della Repubblica ma che non ci si può e non ci si deve illudere che a presidente eletto, magari per il rotto della cuffia e a prezzo di una dura contrapposizione, i discorsi di Governo possano essere ripresi dal punto in cui si erano interrotti”. Una considerazione quasi scontata ma niente affatto banale basta riflettere sul fatto (un fatto che non è una opinione) che già dal 24 gennaio, in mancanza di un solido accordo per procedere alla nomina del nuovo inquilino del Quirinale su un nome che dia garanzie a tutti, si può stare certi che non mancheranno immediate ripercussioni negative, a cominciare dall’Esecutivo e su chi lo presiede.

Non bisogna dunque stupirsi che – in queste settimane di vigilia – mosse, contromosse e movimenti dei diversi leader, soprattutto del centrodestra, giacché nel centrosinistra vale la massima che “il silenzio è d’oro” quando non si sa cosa dire e proporre, si predispongano ad affrontare il complesso quadro alle porte. E che dunque, anche da parte di Silvio Berlusconi si stiano giocando tutte o quasi le carte di una partita che, la storia insegna, andrà ben oltre date di inizio e di fine (quando ci sarà). La sua autocandidatura non è affatto un gioco, benché rischioso (“il pericolo è il mio mestiere” diceva in gioventù), ma una decisione che ha messo subito in allarme quelli seduti al tavolo a cominciare dal proprio alleato, in questo caso un Matteo Salvini che non può non ritenersi, a buon diritto, il kingmaker della partita e che, conoscendo bene il Cavaliere, tanto più in presenza di questa mossa non discussa con l’alleato, sa che fa sul serio, mettendo fin da subito un bastone fra le ruote all’attuale inquilino di Palazzo Chigi.

Lo scetticismo che sta comunque accompagnando i diversi motivi di pur rispettosa perplessità delle mosse di Berlusconi, pur sfiorando gli amici e compagni di Salvini, non ha impedito a costui di affermare piena solidarietà al leader di Forza Italia ma, allo stesso tempo, proprio in quanto capo indiscusso di un partito molto forte in virtù dei consensi elettorali, ne mostra fra le righe il bisogno di una completa legittimazione della propria leadership col pensiero rivolto al dopo la mossa berlusconiana nel caso di sconfitta. Nella cui evenienza, il dopo non avrebbe per Berlusconi le stesse gravi conseguenze destinate invece a Matteo Salvini, col rischio di rimanere con il cerino acceso in mano e con una non esclusa rivolta interna. L’abilità salviniana nel districarsi in un simile labirinto sta anche nei suoi rapporti con lo stesso Mario Draghi, senza dimenticare quei Cinque Stelle di cui, c’è da scommettere, teme la solita confusione pericolosa non solo a se stessi.

Donde l’impostazione con cui il leader della Lega ha motivato e sta motivando le sue mosse con la premessa del tutto politica, che lo scopo essenziale del “gioco” in corso è “la liberazione delle istituzioni dal regno pluridecennale che la sinistra ha imposto”. Perciò la questione del voto della nuova presidenza della Repubblica va ben oltre il 24 gennaio

Aggiornato il 17 gennaio 2022 alle ore 09:39