Gli amici di Donald Trump hanno nulla da dire?

Il discorso pronunciato dal presidente Joe Biden ha messo un punto fermo sulla vicenda dell’assalto al Campidoglio degli Stati Uniti, nel primo anniversario. I fatti del 6 gennaio 2020 non furono una rivoluzione, non furono una bagatella. La sede del Congresso, il luogo sacro della democrazia americana, fu attaccata. Bande di facinorosi devastarono sale ed uffici, specialmente della Camera dei deputati, a maggioranza democratica. Contestavano i risultati dell’elezione del presidente, i quali erano stati avallati dagli uffici elettorali e dalle corti giudiziarie investite dei ricorsi repubblicani.

Il discorso di Biden, un autentico j’accuse, ha dimostrato innanzitutto che Sleepy Joe, il soprannome affibbiatogli dagli avversari, è invece sveglio abbastanza. Sa giudicare. Sa parlare. Ha messo in mostra la tempra del grande presidente. Con eloquenza appropriata alla gravità degli avvenimenti ha incolpato lo sconfitto Donald Trump, un presidente uscente, di essere il responsabile morale e politico, per commissione od omissione, dell’assalto, delle devastazioni, dei morti. Non gli ha addossato la responsabilità giuridica perché questa è al vaglio sia della procura sia della commissione parlamentare d’inchiesta. In attesa dell’eventuale incriminazione di Trump, Joe Biden lo ha messo sotto accusa davanti al popolo e alla storia.

I fatti del Campidoglio e i loro sviluppi politici e giudiziari, già certificati da decine di condanne penali degli assalitori, non sembrano aver fatto rinsavire i trumpiani di casa nostra. Gli amici di Donald Trump sembrano ammutoliti. Sono passati dall’esaltazione acritica dell’ex presidente “sovranista”, “patriottico”, “di destra”, ad un silenzio che, se non esprime sospensione del giudizio sui fatti e sugli sviluppi, somiglia allo sconcerto e all’imbarazzo di chi s’avveda di aver preso una cantonata. A scanso di equivoci, qui non si tratta di simpatizzare per i democratici contro i conservatori americani o viceversa. Quanto a me, oggi gli uni e gli altri mi lasciano freddo allo stesso modo. Tuttavia il presidente Biden, nel suo j’accuse, ha saputo dar voce a principi e sentimenti genuinamente liberali, non democratici o conservatori come li intendono frange minoritarie, talvolta ampie, dei due partiti, dentro e fuori gli Stati Uniti.

I democratici all’italiana, i conservatori all’italiana, la sinistra e la destra italiane hanno adesso l’occasione di dimostrare da che parte stanno rispetto ai fondamenti della democrazia liberale. Infatti il presidente Biden non ha usato la propaganda o la demagogia per condannare il malfatto di Trump. Non gli si è contrapposto da avversario politico. Non ha maramaldeggiato sullo sconfitto. Ha adoperato argomenti inoppugnabili dell’uomo di Stato, ricavandoli dal puro costituzionalismo americano e dalla corretta teoria democratica. Trump ha contestato con le menzogne il verdetto elettorale, continuando a contestarlo pure quando i giudici lo hanno asseverato con le sentenze. Avendone il potere, da presidente in carica, ha omesso di intervenire per fermare i teppisti che agivano istigati dalle sue stesse menzogne.

Governanti e parlamentari italiani ciarlano di Stato di diritto a proposito e a sproposito, proclamandosene difensori. Ecco, per quelli di loro che sappiano davvero di cosa ciarlano, questo sarebbe il momento di dichiarare: “Sono conservatore, ma sto con Biden; sono di destra, ma sto con Biden; sono trumpiano, ma sto con Biden”. Il j’accuse del presidente, infatti, è una perorazione in favore della Repubblica come la fondarono i Padri Costituenti per assicurare il diritto. Purtroppo, a quanto è dato di vedere e ascoltare a riguardo, i social sono distratti e gli spettacoli parlanti sono muti, mentre le agenzie di stampa aspettano almeno un cenno dei politici.

Aggiornato il 10 gennaio 2022 alle ore 17:13