Berlusconi verso il Quirinale è il tirassegno preferito di certi pm

Si contano i parlamentari del centrodestra, o meglio, li si compattano, si fanno i calcoli sugli amici veri e meno veri, poi si guarda alla grande platea e, purtroppo, mancano sempre una cinquantina di voti. E si sprecano i consigli al Silvio (Berlusconi) che “ne sa più una del diavolo” e allora si va a pescare nel mucchio, l’amico dell’amico, quello che sta a destra più di tutti, meglio ancora, quelli che stanno già al centro e continuano a chiedere quando Silvio si deciderà a farlo più grande questo centro. Ma non bisogna mai dimenticare l’antica massima fatta rivivere da Alessandro Manzoni ne “I promessi sposi” e a spese di Renzo: “Mai fare i conti senza l’oste”.

L’oste, nel caso del Cavaliere, è ben più di un servitore di vini e bevande, è un tipo speciale, armato di fucile a pallettoni (metafora) e non è mai solo: sta con altri cecchini pronti a fare fuoco. Sono pubblici ministeri, giudici, gip. Qualcuno come Tiziana Maiolo (Il Riformista) – che ha seguito un trentennio di questo inesausto tiro al bersaglio – fa bene a chiedersi se ci sono in agguato i giudici di Roma e di Milano e se saranno autonomi come quelli di Siena o, invece, si presteranno a essere le pallottole di chi vuole fare inciampare il leader di Forza Italia sulla strada per il Colle.

Il fatto è che la politica, quella più alta, ha una strada sempre più in salita ma non per la mancanza di voti per raggiungere la cima, giacché i numeri per Silvio sono più che favorevoli. E siccome è questo aspetto che irrita una parte del Parlamento da sempre invidiosamente ostile e pieno di accidia nei suoi confronti, ecco che fa l’ingresso il terzo incomodo in nome del fiat iustitia anche se, a ben vedere, questo invasore non se ne è mai andato, proprio da un trentennio e proprio dalla discesa in campo di un Berlusconi che sbaragliò le gioiose macchine da guerra.

Ma, si sussurra anche nei paraggi di certi amici e anche nel centrodestra, c’è il problema della presentabilità alla luce di condanne e di processi ancora in corso. Nessun cenno alla riabilitazione data dai giudici che hanno smontato il Circo Barnum delle cene eleganti, del bunga bunga e della relativa corruzione, restituendo innocenza, riabilitazione e presentabilità a un imputato al quale, tuttavia, non è ancora pervenuta una scusa, anche la più piccola, di chi, in combutta con quei giudici, ha creato quell’essere mostruoso denominato – et pour cause – circo mediatico giudiziario.

Sulla salita al Quirinale, Berlusconi ha detto che non si tira indietro e già in questa risposta è ravvisabile un mood, uno stile, un modo di porsi che da diverso tempo non avvertivamo più in un’Aula nella quale la volgarità dei vaffa e le minacce ad personam hanno fatto la voce grossa, con l’obiettivo “politico” di aprirla come una scatola di tonno. Certo, in quell’Aula si deve tornare quel giorno fatidico in cui Sergio Mattarella lascerà il Quirinale e se lo sport preferito dagli scommettitori tirerà in ballo come reserve de la République (ma anche di Palazzo Chigi) la figura di Mario Draghi, saremo con umiltà i più attenti ai gradini di quella salita e se il tiro al bersaglio continuerà verso il presidente di Forza Italia nei confronti del quale, come ha ricordato Luca Palamara nel suo libro “Il Sistema”, i cecchini in toga sono stati tanti e molto agguerriti, usando le armi che si sparano nella Aule di giustizia. Ammesso che di giustizia si possa parlare. E ammesso che nella elezione della massima carica della Repubblica queste armi continuino a sparare.

 

Aggiornato il 28 ottobre 2021 alle ore 09:19