La transizione ecologica è davvero una necessità ineluttabile?

Esistono prove irrefutabili che l’atmosfera e la crosta terrestri hanno subito cambiamenti accelerati dall’industrializzazione globale, che ha indotto l’aumento della temperatura sul nostro pianeta. Bloccare l’aumento e stabilizzarlo, le scienze climatiche affermano che sono indispensabili per salvare la terra dalla catastrofe. Devono esser ottenuti con un profondo, generale, imponente, esteso a ogni latitudine, processo di conversione della vita produttiva e sociale: la transizione ecologica. Questa espressione è andata assumendo un connotato tanto ideologico quanto assiomaticamente salvifico.

La pura verità è che anche i più avveduti e consapevoli la usano senza conoscerne tutte le implicazioni ma soltanto alcune, le più evidenti ed intuitive. La limitata conoscenza non dipende da incapacità di chi perora la causa della transizione ecologica, ma dalla oggettiva inconoscibilità della transizione stessa che viene data per provata avendola denominata e così facendola ritenere fattibile. Capitò qualcosa di analogo in passato, per più di un secolo, con il collettivismo, che pure fu creduto tanto scientifico quanto, perciò, ineluttabile, finché, appena cinque anni dopo la sua prima realizzazione con la rivoluzione bolscevica, Ludwig von Mises dimostrò che non poteva funzionare perché aboliva i prezzi e il mercato. Ovviamente, i fanatici del comunismo non accettarono la dimostrazione di Mises proprio perché basata sulla logica e preferirono subire le “dure repliche della storia” che puntualmente confermarono la dimostrazione “matematica” di quel gigante del liberalismo.

Oggi purtroppo ancora nessuno, men che meno dell’autorità di Mises, ha sottoposto ad analisi come procedere alla transizione ecologica, chi ne pagherà i costi inevitabili, dove essa condurrà l’umanità (di questo si tratta!) e soprattutto se le probabilità di successo sono superiori alle probabilità di insuccesso rispetto allo scopo dichiarato, auspicato, perseguito. Nessuno, ad oggi, può dirsi sicuro che il globo terraqueo diverrà così come predica volenterosamente Greta Thunberg, dopo che la temperatura della terra sarà stata stabilizzata secondo gli obiettivi della transizione ecologica. Nessuno, ad oggi, può assicurare che la spesa valga l’impresa. Nessuno, ad oggi, può garantire che il nostro pianeta evolverà verso la condizione climatica e morfologica desiderata, una meta stazionaria asseritamente e deterministicamente conseguibile. Tutta la fisica, quantomeno in essenza, e ogni altra scienza naturale dimostrano che nulla è fermo nell’universo e sul nostro pianeta, e che i processi reversibili attengono a specifiche reazioni chimiche. Quando il termometro sulla terra fosse bloccato al fatidico “+2°C”, con gli sconvolgimenti per ottenerlo, chi può dire che avremo ciò che volevamo o, meglio, ciò che, costi quel che costi, pretendono i nuovi ideologi ambientali? Stagioni uguali, temperature uguali, paesaggi uguali, un’Arcadia immutata e immutabile per la felicità nostra e della futura umanità?

Tra il miglioramento dello stato delle cose e la transizione ecologica la differenza non è solo quantitativa ma qualitativa. Dovrebbe far ben riflettere sulle conseguenze proprio gli spiriti lungimiranti senza albagia.

Aggiornato il 06 ottobre 2021 alle ore 09:42