Un Governo senza effetti speciali

Finora ci è parso corretto sospendere il giudizio sul Governo Draghi nell’attesa che esso dispiegasse la propria azione e ci stupisse con effetti speciali. A oggi questi effetti speciali non si scorgono all’orizzonte e le aspettative si ridimensionano con il passare dei giorni, facendo apparire questo Esecutivo come parzialmente discontinuo rispetto a quello di Giuseppe Conte.

Certo, qualcuno potrebbe confutare il ragionamento adducendo i dati sulla ripresa economica: l’Italia è un nano nello scacchiere globale dal punto di vista economico, quindi è difficile che le rosee previsioni sul Pil derivino da politiche concrete poste in essere dal Governo. I trend confortanti provengono in gran parte da dinamiche globali e marginalmente da un “effetto psicologico Draghi” che genera fiducia sul mercato interno e affidabilità sul fronte internazionale.

Oltre all’effetto psicologico, forse il traguardo più importante dell’attuale Esecutivo è da rinvenirsi nel successo della campagna vaccinale e nel fatto che la contrattazione sul Pnrr sia avvenuta senza scossoni con l’Unione europea (fatto raro quando si tratta dell’Italia). Tutte cose ampiamente positive ma che non possono essere esaustive perché altrimenti ci troveremmo di fronte a un “Governo di scopo”.

A questo punto ci si dovrebbe interrogare su una questione: esistono i “Governi di scopo” ossia degli Esecutivi con un preciso e circoscritto mandato? La chiave sta nella durata: un Governo siffatto – con il mandato cioè di realizzare due o tre cose – dovrebbe durare pochi mesi. In caso contrario, un Governo non può dirsi di scopo se esso ha un orizzonte temporale più lungo. Ciò perché – nel mentre esso porta a termine il suo mandato circoscritto – i problemi del Paese corrono e non possono rimanere inevasi perché la “coperta politica” è troppo corta.

Siamo ben coscienti del fatto che nessuno osi remare contro “SuperMario” – non lo fanno i giornaloni , non lo fanno le parti sociali, non lo fanno i partiti – ma riteniamo sia giunto il momento nel quale questo Esecutivo esca dalla zona d’ombra e scelga di smettere di essere un ibrido, un misto tra un Governo di prospettiva e uno di transizione. Se così fosse, se cioè decidesse di trasformarsi in un’esperienza a lungo termine, allora questo Governo dovrebbe cominciare a parlare di futuro smettendola di concentrarsi sulla conservazione dello status quo, smettendola di tamponare i problemi invece di gestirli, parlando di innovazione sociale ed economica, di nuovi modelli sociali e produttivi, di come andranno impiegati i fondi del Piano di ripresa e resilienza o, se vigliamo, di una strategia che ridisegni il Paese in questo post pandemia rivoluzionandolo veramente. Per la pavidità, le riforme promesse e mai realizzate, gli annunci, le mezze cose o le frasi fumose c’è già la politica, mica avevamo bisogno di scomodare un’eccellenza come Mario Draghi. Il quale vedrà sempre più ridursi i margini di manovra già dal giorno dopo la celebrazione del secondo turno delle Amministrative: la politica entrerà in una campagna elettorale permanente che terminerà nel 2023 con le elezioni politiche.

Il Governo cominci a gestire i dossier scottanti, si liberi dei pesi morti (nel Consiglio dei ministri più di qualcuno è palesemente inadeguato o eccessivamente contestato) e si renda insostituibile per visione, prospettiva e capacità realizzativa. In caso contrario, assisteremo all’ennesimo Governo marginale, occupato a tirare a campare più o meno degnamente. O magari assisteremo all’acclamazione di Mario Draghi al Quirinale. Un modo come un altro per promuoverlo e metterlo ai margini della gestione del Paese.

Aggiornato il 30 settembre 2021 alle ore 10:05