![Magistratura e carriere separate: il mantra quotidiano](/media/5915314/foto-anetrini.jpeg?crop=0.071454180530285419,0.065129689756502823,0.10235685708828943,0.023473494101052556&cropmode=percentage&width=370&height=272&rnd=132693449450000000)
Ogni giorno, come se fosse un mantra, continuiamo a ripetere che le carriere dei magistrati devono essere separate. È giusto, è indispensabile recidere il cordone ombelicale che esprime la consustanziazione che fonda uno dei limiti del nostro sistema giudiziario.
È giusto, ma non è tutto. Separare le carriere, in assenza di una riforma organica (equilibrata e destinata a durare oltre i limiti della legislatura in cui è prodotta), non è sufficiente e non risolverà affatto i problemi. Occorrerebbe alzare lo sguardo e dirigerlo verso un orizzonte più profondo, che consenta di apportare (anche) le altre modifiche oggi indispensabili.
Ma poiché escludo una auto-riforma dall’interno e dubito che il Parlamento – in assenza di segnali precisi, forti e chiari – approverà la revisione del sistema, dico che bisogna firmare il referendum. Dico che è necessario dare quel segnale.
Sarà difficile anche in caso di vittoria: è da dimostrare che il referendum sarà in grado di convincere il Parlamento che è giunto il momento di fare le riforme. E, tuttavia, senza il voto è certo che non accadrà nulla. Non quello che vogliamo, almeno
Aggiornato il 28 giugno 2021 alle ore 09:09