L’ultima arma di distrazione di massa

Sul piano del dibattito politico, il quale già prima del Covid-19 non è che fosse trascendentale, si stenta a riprendere un minimo di normalità, riportando sul tappeto i temi più importanti per il futuro dell’Italia. Tra questi in primo piano ci sono i 6 referendum sulla giustizia, promossi da Lega e Partito Radicale, che segnalano un certo disinteresse di Forza Italia e Fratelli d’Italia, malgrado il più che ventennale impegno espresso dalla compagine di Silvio Berlusconi per una riforma complessiva del potere giudiziario.

E così anziché discutere di responsabilità diretta dei magistrati, della separazione delle loro carriere, così come avviene in tanti altri Paesi del mondo avanzato, e di limiti alla custodia cautelare, evitando di trasformare il carcere preventivo in un anticipo di pena, continuiamo a parlare della pandemia di Sars-Cov-2 in tutte le sue infinite sfumature. Sfumature sinistre che in questi ultimi giorni hanno assunto il colore delle famigerate varianti, con quella indiana – ribattezzata Delta – a farla da padrona.

Si tratta dell’inevitabile mutazione di un virus a Rna, così come ci ha più volte spiegato quel grande eretico del professor Giulio Tarro, ma che al momento non sembra destare soverchie preoccupazioni. E non lo sostiene un ignorante in virologia come chi scrive, bensì il decano dei virologi europei, il presidente dell’Agenzia italiana del farmaco, Giorgio Palù. Così si è infatti espresso il prestigioso studioso in una recente intervista televisiva rilasciata nel salotto di Lucia Annunziata: “Per definire pericolosissima una variante bisogna aver accertato o su animali da esperimento o con dati epidemiologici o clinici che c’è un aggravamento delle condizioni e questo non è vero. È un’evoluzione naturale del virus che muta e non è che dobbiamo essere preoccupati di questo, dobbiamo sicuramente controllare che queste varianti non sfuggano agli anticorpi che vengono indotti dalla vaccinazione. Noi – ha spiegato Palù – sequenziamo un po’ meno degli altri, i britannici il 40-50 per cento mentre noi siamo intorno all’1 per cento. La variante indiana circola anche qui, noi siamo meno dell’1 per cento. Prevalente è la variante inglese, oltre il 90 per cento; abbiamo in alcune regioni la variante brasiliana, abbiamo anche quella nigeriana e sudafricana. Quindi le abbiamo tutte”.

Ciononostante, la folta componente politica e accademica che sostiene la linea del terrore diffuso, fortemente spalleggiata dal mainstream mediatico, non la pensa affatto come Palù e altri accreditati scienziati. Tant’è che proprio sulle varianti, malgrado non ne sia dimostrata una maggiore pericolosità, la stessa componente sta cercando in ogni modo di rallentare il già estenuante processo di ritorno alla normalità, con il ripristino delle nostre violate libertà costituzionali.

Di fatto, soprattutto da quando il Covid-19 ha sostanzialmente cessato di essere una vera emergenza, il tema delle varianti costituisce l’ennesima arma di distrazione di massa di tipo sanitario. Un’arma assolutamente a doppio taglio, dal momento che essa impedisce al sistema Paese di affrontare i nodi strutturali, come per l’appunto quello della giustizia, che lo affliggono da tempo immemorabile. Ma ciò per i fenomeni del terrore diffuso, evidentemente, è un problema assolutamente secondario.

Aggiornato il 21 giugno 2021 alle ore 09:24