Elezioni alle porte: candidati cercasi

I partiti hanno una comprensibile fretta di chiudere le liste elettorali. Diversamente dalle elezioni precedenti la composizione delle stesse è più ardua e complessa soprattutto partendo dal copolista che, come si sa, è una sorta di bandiera che contestualmente necessita di un pieno consenso interno per non rischiare figuracce se non sconfitte. La ricerca di chi guiderà la lista è puntata soprattutto verso la società civile: non è una novità. Ma, al tempo stesso, rivela la conferma di una certa carenza di rappresentanza interna dei partiti stessi privi, così taluni pensano, di candidati forti e capaci di confrontarsi in mare aperto… nella società aperta.

La difficoltà di trovare un candidato capolista ad hoc deriva innanzitutto da una crisi strisciante dei movimenti-partiti che pagano lo scotto di una campagna antipolitica sottotraccia, la quale viene da lontano e che non poteva non danneggiarli riversando su di loro campagne sistematiche di delegittimazione. Tant’è vero che per offrire agli elettori la bandiera spiegata occorre uscire dal recinto partitico per aprirsi all’esterno. Resta da capire cosa intendano, sempre gli elettori, circa questa apertura in riferimento alla dimostrata povertà interna. Fermo restando, come capita e sta capitando, che le interferenze, i “sì” e i “no”, i rinvii di un partito e delle sue componenti sono del tutto verificabili coram populo a prescindere dagli obblighi per dir così mediatici nella scelta della guida.

Il caso di Milano è molto interessante a proposito del procedere verso un capolista unitario e condiviso con gli stop and go impressi fino ad ora in un centrodestra che, iniziando da un lucido leader come Matteo Salvini, ben sa quanto sia difficile scalzare il sindaco uscente Beppe Sala.

Nel bailamme quotidiano di nomi offerti e ritirati non è semplice trovare il bandolo della matassa ovverosia il personaggio che tenga in pugno la scelta al di là di ogni ragionevole dubbio altrui, vale a dire fino al deposito ufficiale della stessa. Lo stesso Salvini per adesso ha ricevuto più no che sì, lasciando il centrodestra in pausa dove i veti reciproci fanno la differenza anche nei confronti di una personalità forte come Gabriele Albertini, che è stato non molto felicemente proposto – col suo assenso – in un ticket come numero due dietro un esterno ancora incerto. Il che, secondo i bene informati, avrebbe sbarrato la porta alla candidatura di Maurizio Lupi storicamente inviso ad Albertini ma sostenuto da gran parte di Forza Italia che critica l’ex sindaco di Milano, perché “troppo invadente col suo obiettivo di dettare i capi della lista a suo piacimento”.

Uno stallo bell’e buono con vertici a vuoto uno dopo l’altro, ma ben si sa che in politica vale il detto del non dire mai, a maggior ragione in un obbligato tour de force dove, soccorre la saggezza dei nostri progenitori latini con il loro maiora premunt. Una saggezza e un invito che hanno a che fare, a ben vedere, con qualche passo sbagliato fin dalle origini della coalizione di centrodestra di cui Salvini si è disinteressato spesso e volentieri assorbito dalle questioni nazionali, con la figura di Silvio Berlusconi sempre meno appariscente, con la mancanza di un ceto dirigente degno di questo nome. Svegliarsi alle elezioni è un obbligo, ma esservi preparati è meglio.

Aggiornato il 18 giugno 2021 alle ore 09:34