Quando i grillini vollero i vitalizi come pensioni

Massì, entriamo anche noi (non a gamba tesa, perché non è il caso) nella partita dei vitalizi poiché si è trasformata nell’arma di punta, una delle ultime dei grillini, poveracci, dei quali si è sentita recentemente una sorta di invocazione agli dei che li assistano in questi ultimi tornei, almeno contro Roberto Formigoni e Ottaviano Del Turco, perché siano negati i vitalizi perinde ac cadaver e pure oltre. Lo sfondo sonoro e mediatico è a loro favore e risuona di grida contro le orribili scelte senatoriali, se persino se ne occupa un Massimo Giletti coi suoi abiti ben pettinati come un ballerino viennese.

Benché a molti questa appaia davvero l’ultima battaglia dei moicani populisti, è comunque istruttiva non solo o non tanto del loro stile inconfondibile, quanto piuttosto della summa di errori, omissioni, pretesti e ignoranze che ne accompagnano le grida mediatico-politiche. I grillini, quando ancora se ne occupava l’elevato delle vicende di nuove leggi o di leggi vecchie da modificare, crearono quel famoso e onnicomprensivo reddito di cittadinanza, risultato ben presto dannoso per l’occupazione, in quanto conteneva norme precise in riferimento alle pensioni e alla loro proibizione, che riguardava soprattutto i colpevoli di gravi reati, come quelli di mafia. Non solo, e qui viene il bello (o il brutto, fate voi). I vitalizi ai parlamentari, sempre secondo le nuove norme del reddito di cittadinanza, dovevano essere considerati come trattamenti pensionistici. Un cambiamento che per i più potrebbe finire nel calderone del “se non è zuppa, è pan bagnato” ma che una lettura più attenta rivela almeno due aspetti interessanti per il nostro ragionamento e che sono probabilmente sfuggiti ai neo-legulei grillini la cui negazione, diciamo pure ignoranza per “impegno legislativo”, è risaputa.

Se infatti il vitalizio è una pensione, la sua proibizione è già contenuta nella legge vigente voluta dai pentatellati e, come si sa, la pensione non si nega neppure a un ergastolano. Il secondo aspetto è, se si vuole, ancora più “ficcante” poiché il vitalizio ai parlamentari (non stabilito dalla Costituzione ma da una legge degli anni Cinquanta) era considerato da una certa opinione pubblica un privilegio, un vantaggio di “casta”, un favoritismo sfacciato. E, come tale, entrato bene presto a far parte del catalogo sempre in esercizio del populismo. Ma adesso? Come si dice: chi è causa del suo mal…

Aggiornato il 25 maggio 2021 alle ore 09:44