Il nichilismo dell’ideologia gender alla base del Ddl Zan

“La prospettiva di genere e la lotta contro la violenza di genere dovrebbero essere integrate nella politica estera, di sviluppo e commerciale dell’Unione europea. Il Parlamento invita la Commissione a promuovere l’uso del mainstreaming di genere, il bilancio di genere e la valutazione dell’impatto di genere in tutti i settori e per ogni proposta legislativa, a tutti i livelli di governo”: così il Parlamento europeo sanciva nella risoluzione del 9 giugno 2015 invitando tutti gli Stati membri a promuovere urbi et orbi il mainstreaming di genere in ogni settore della vita dei cittadini comunitari, quasi fosse una nuova forma di evangelizzazione.

Sebbene siano trascorsi alcuni anni, l’invito è stato recepito e attuato nel modo più meticoloso, almeno in Italia in cui le pubblicità, i libri, le normative sono state intrise del mainstreaming di genere come chiunque può agilmente constatare entrando in un qualunque esercizio commerciale o ascoltando la radio o guardando la televisione. Ma cosa è esattamente il mainstreaming di genere? Il mainstreaming di genere è in sostanza la diffusione a tamburo battente, ad ogni livello della società, delle relazioni, della vita individuale e collettiva dell’ideologia gender, cioè dell’ideologia – che nulla ha di scientifico – secondo cui l’essere umano non deve più rispondere alla naturale dicotomia maschile-femminile, che quindi sarebbe un mero costrutto sociale, e può e deve accedere al regno del genere fluido in cui chiunque può percepirsi in qualunque modo e genere.

Non a caso l’articolo 1 del Ddl Zan distingue tra sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere pur senza nessuna evidenza scientifica su tale distinzione. Che non vi sia nulla di scientifico, del resto, lo testimonia anche il fatto che c’è chi come Anne Fausto-Sterling ha ipotizzato l’esistenza di cinque sessi, c’è chi come l’Australian Human Rights Commission ha sancito l’esistenza di 23 generi distinti, e c’è, invece chi come i programmatori di Facebook ha contemplato ben 71 generi differenti. Il mainstreming genderista peraltro, a differenza della biologia, ha una ben precisa agenda politica e culturale (e giuridica) che consiste nella estensione del matrimonio egualitario fino a ricomprendere anche le unioni poliamorose, nella rivendicazione del figlio come diritto, nella legalizzazione della maternità surrogata (solidale o meno che sia): nulla di male nell’ottica degli ideologi gender che dovrebbero soltanto avere l’accortezza di ammettere i loro intenti, anche se proprio questa loro reticenza e doppiezza li conferma nella loro ideologicità. In questa prospettiva occorre precisare almeno tre profili.

In primo luogo: il dato biologico esiste e sancisce che gli organismi sono – salvo qualche evento patologico – sessuati secondo la dicotomia maschile e femminile. Se si intende ignorare la biologia lo si può fare, ma non si può negarla ritenendo che così non sia.

In secondo luogo: l’omosessualità non ha nulla a che fare con l’ideologia gender, poiché non soltanto la persona omosessuale non ha dubbi circa la propria identità sessuata (sebbene talvolta possa vivere con difficoltà l’accettazione delle proprie preferenze sessuali), ma semplicemente prova attrazione per le persone del medesimo sesso.  Anzi, si dovrebbe aggiungere che l’omosessualità – spesso senza dubbio discriminata, sebbene non più di altre categorie e in ogni caso già tutelata dalla legge senza la necessità dell’approvazione dell’aberrazione legislativa in cui consiste il Ddl Zan – è utilizzata dai propugnatori dell’ideologia gender come grimaldello sociale e politico per affermare le proprie posizioni ideologiche all’interno del pubblico consesso.

Prova ne sia che diverse personalità apertamente dichiaratesi omosessuali hanno ribadito la propria distanza dall’ideologia gender, come, tra i molteplici esempi possibili, si ricordano Jean-Pier Delaume-Myard, Platinette, o Dolce e Gabbana. A parte qualche coraggiosa voce di dissenso, tuttavia, il resto accetta silenziosamente lo sfruttamento della propria omosessualità da parte degli ideologi gender, ma in ogni caso occorre essere consapevoli della distinzione netta tra le due cose nonostante alcuni si avvantaggino della confusione che si intende creare. Ci si dovrebbe augurare, anzi, che quante più persone omosessuali si dissocino energicamente dall’ideologia gender, come già sta facendo una parte coraggiosa del femminismo nazionale e internazionale, per rendere la propria esistenza depurata da ogni contaminazione ideologica e quindi autenticamente libera.

In terzo luogo: l’ideologia gender, come tutte le ideologie, pretende di omologare il pensiero silenziando chiunque, a torto o a ragione, ritenga di dover o voler dissentire. L’ideologia gender disancorando la sessualità umana dalla biologia cerca di disarticolare artificialmente un dato naturale dell’essere umano. Negando la dimensione sessuata dell’essere umano l’ideologia gender sostanzialmente nega alla radice la stessa pensabilità di un essere naturale dell’uomo. Ecco perché l’ideologia gender copre un lungo arco teorico e temporale che partendo dalle critiche marxiste alla società si estende fino al post-umanesimo capitalistico legittimante la cultura cyborg, perché proprio la negazione dell’essere consente di plasmare l’umano secondo le più diverse esigenze sociali e ideologiche.

L’ideologia gender, in sostanza, è l’ennesima e più aggiornata sfaccettatura del pensiero nichilista, cioè della paradossale sistematizzazione del pensiero del non-essere, cioè di quel pensiero che negando radicalmente ogni verità sull’uomo conduce inevitabilmente – come la storia insegna – alla negazione dell’uomo medesimo, nonché dei suoi diritti, delle sue libertà, dei suoi principi più fondamentali come la dignità, l’uguaglianza, la giustizia. Risuonano chiare e potenti, in conclusione, le parole di Nikolaj Aleksandrovič Berdjaev: “Se la vostra verità, la vostra giustizia, la vostra bellezza dipendono dal soffio del vento, dall’infuriare degli elementi, dal fragore e dal rimbombo delle vie, delle piazze e delle strade, allora in voi non c’è bellezza, non c’è verità, non c’è giustizia, siete dei miserabili (…). La vostra furiosa sete d’uguaglianza ha prodotto l’annientamento della realtà, di tutte le sue ricchezze e i suoi valori (…). È lo spirito del non-essere che vi muove e che vi ha inculcato le vostre passioni e idee egualitarie (…). Avete ridotto tutto all’uguaglianza del non-essere”.

Aggiornato il 07 maggio 2021 alle ore 12:06