
Come e perché tra i tanti papabili, certo non peggiori di lui, i democratici hanno poi scelto un “Papa” quasi straniero? Le modalità della scelta del nuovo segretario del Partito Democratico stupirebbero seppure costituissero la carota dell’ambizione quirinalizia davanti all’asinello democratico. Enrico Letta è stato incoronato con un blitz a scatola chiusa da un partito che porta la democrazia addirittura nel nome. Giuseppe Conte, a sua volta, è stato messo a capo di un partito, senza neppure esservi iscritto, mediante investitura privata nel domicilio dell’Elevato. Questi due ulteriori casi confermano che l’Italia è “un’oligarchia temperata dal voto”, come non mi stanco di ripetere.
Il modo in cui il potere viene conquistato, trasmesso, dismesso nei partiti non riguarda soltanto i partiti stessi ma tutti noi cittadini, perché impatta sulla democrazia, che consiste nel potere degli elettori di insediare e deporre i governanti. Constato amaramente che nelle rassegne stampa non ho trovato, non dico una levata di scudi, ma neppure una flebile critica dell’avvento di Giuseppe Conte e Enrico Letta a guide supreme del Movimento Cinque Stelle e del Pd. Pare che l’opinione pubblica, riflessa dai media, sia totalmente disinteressata a tali fatti che invece la interessano (dovrebbero) direttamente. Per quanto differenti, le due investiture fanno rabbrividire alla luce del sistema di governo rappresentativo, rettamente inteso. Infatti, esaminate con la lente britannica, non superano né l’esame di serietà né di democrazia. Parlando di serietà, non alludo alla qualità delle persone prescelte, sulle quali mi sono più volte espresso con riserve. Mi riferisco invece alle procedure, in verità è più appropriato chiamarle colpi di mano, mediante le quali due ex presidenti del Consiglio, non due “quisque de populo”, sono stati posti al vertice del primo e terzo partito del Parlamento italiano. Ve lo immaginate un Giuseppe Conte che nel Regno Unito diventa primo ministro senza essere passato attraverso un’elezione vinta? Conosco l’obiezione secondo cui in Italia tutti gli elettori possono diventare presidente del Consiglio, dunque in futuro anche i sedicenni a cui Letta intende togliere il lecca-lecca e dare il voto politico. Il punto è che né i conservatori né i laburisti potrebbero imporre, né gl’Inglesi tollererebbero, né il Parlamento consentirebbe né la Monarchia accetterebbe che un professore, perfino se prelevato da Oxford e Cambridge, s’insediasse al 10 di Downing Street sol perché così vuole un partito. Ebbene, in Italia, non solo un accademico e avvocato, sconosciuto alla politica e al popolo, è potuto diventare primo ministro all’intrasatta (intra res acta) ma pure, dopo le dimissioni per carenza di fiducia parlamentare, essere catapultato a capo del partito che lo aveva insediato misteriosamente a Palazzo Chigi. Giuseppe Conte è figlio di due riti misterici, il secondo più misterioso del primo, anche se misteri pulcinelleschi, essendo officiati da un comico.
Il richiamo dall’esilio francese del “giovane vecchio” Enrico Letta non è meno stupefacente, sia perché non hanno trovato di meglio in Patria, sia perché l’improvvisa chiamata ha lasciato attoniti persino gl’iscritti al partito, a cominciare da quelli che poi l’hanno votato quasi all’unanimità. A me, per oscurità, sembra un avvicendamento da Politburo. Non ne sarà un riflesso condizionato? L’improvvisata nomina stride pure con la coerenza dimostrata dall’esule parigino. Avrebbe lasciato per sempre la politica attiva, dichiarò andandosene, come prima di lui Walter Veltroni che risulta introvabile in Africa e Matteo Renzi che stanno ancora aspettando in famiglia. Come possono credergli? Inoltre, fa il cincinnato senza essere Cincinnato. Meraviglia che quest’uomo si presenti all’assemblea, che sta per acclamarlo, dichiarando che non del segretario nuovo, cioè di lui, c’è bisogno bensì di un nuovo partito. Una dichiarazione che non ha stupito l’uditorio muto. Se i democratici possono credere che ciò equivalga a rinnovamento e rinascita del partito, possono credere di tutto.
Il dramma è che gl’Italiani non s’avvedano che siffatto passaggio di poteri sulle loro teste, a loro insaputa ahimè, non ne fa un popolo sovrano in senso pieno, mentre fa del sistema politico una democrazia zoppa. Oligarchia temperata dal voto, appunto. La vita interna dei partiti non è “cosa loro” soltanto!
Aggiornato il 22 marzo 2021 alle ore 12:07