La trireme del “gubernator” Draghi

Nota a margine

Lo scorso 11 febbraio scrissi qui che Mario Draghi, piuttosto che a un santo miracoloso o a un sovrano taumaturgo, dovesse essere assimilato al “gubernator”, il capitano-timoniere di una trireme, essendo stato chiamato a comandare un’Italia allo sbando, una “nave senza nocchiero in gran tempesta”. Aggiungevo che: potrà tracciarne la rotta, indirizzarla, metterla in favore di mare, ma, al dunque, saranno i rematori, l’apparato produttivo, a spingere la barca, magari agevolati dal vento della ripresa interna e internazionale; dovrà tenere in ordine l’imbarcazione, armonizzare i colpi della remata, galvanizzare i marinai; dovrà essenzialmente orientare, incentivare, incoraggiare, esortare l’equipaggio; liberare lo scafo dalle remore e dalle secche frenanti; predisporre nel miglior modo l’occorrente per la navigazione; trarre la nave fuori dal porto perché prenda il largo e navighi finalmente con i mezzi propri. La metafora nautica era stata giudicata espressiva da alcuni dei miei lettori, che vi scorgevano un’azzeccata trasposizione simbolica. Nell’ordinamento italiano il presidente del Consiglio, per quanto stimato ed illustre, non è né il capo del suo governo né il dominus dei ministri, bensì un “primus inter pares”. Tuttavia egli, per Costituzione, “dirige la politica generale del governo e ne è responsabile”. Sicché evoca la figura dell’antico “gubernator”, una parola latina che ha dato il nome ai governi, non solo in italiano.

Altri miei lettori, però, hanno preso la metafora “in malam partem”. Rimproverandomi, mi hanno fatto notare che l’equipaggio della trireme non era comparabile con i produttori e i consumatori, i soggetti dell’apparato produttivo dell’economia concorrenziale, per l’ovvio motivo che i rematori erano schiavi, non liberi marinai. Quindi la spinta della barca non era frutto di cooperazione volontaria, ma di servitù. Il rimprovero mi sembra fuori luogo, anche perché una metafora è una metafora e non la si può prendere a pezzi e bocconi. Perciò, confortato dall’autorità di un cattedratico latinista, vi insisto ricordando ai miei imprudenti detrattori la spettacolare, ed esattissima, rappresentazione di una trireme da guerra nel celebre “Ben Hur”, incatenato ai remi in quella fase del film. Vi compariva anche il “pausarius”, il capovoga che, come dice il nome stesso, col martello e con la voce segnava il tempo delle remate con tre ritmi: voga media, battuta di spinta, ritmo di battaglia. Ecco dunque la conclusione, prima mancante, della stessa metafora. Da troppi lustri il “pausarius” italico batte la voga media, mentre il “gubernator” non gli ordina più nemmeno la battuta di spinta. La trireme italica galleggia appena e avanza stancamente. Il “gubernator” Draghi per riuscire a portarla dove ha dichiarato, deve ordinare al “pausarius” di battere il ritmo di battaglia. Se no, la nave farà la stessa fine del film.

Aggiornato il 22 febbraio 2021 alle ore 09:11