
Esiste per un corpo la possibilità di sopravvivere senza testa. Non sbagliereste se pensaste al pollo. Ma a noi vengono in mente i Cinque Stelle. Il Movimento grillino è stato dato per agonizzante dopo la decapitazione politica del front-runner Giuseppe Conte, premier evergreen. La comparsa di Mario Draghi nei panni del salvatore della Patria, spinto nella mischia dall’inquilino del Quirinale, ha messo fine all’accanimento terapeutico della sinistra per tenere l’avvocato di Volturara Appula in coma vegetativo a Palazzo Chigi. E così il mondo e la scienza si sono risparmiati il Conte ter. La fama di un Draghi taumaturgo avrebbe dovuto tranquillizzare tutti circa il ritorno del buonsenso nell’amministrazione della cosa pubblica. E si auspica che ciò accada.
Tuttavia, c’è ancora il pollo con il capo mozzato che continua a saltellare nell’aia governativa. Possibile che la politica debba impiccarsi agli esiti del voto dei grillini sulla piattaforma Rousseau? Paradossale, ma possibile. Passi la vergognosa pantomima con la quale Beppe Grillo e i suoi sodali si sono presi gioco dello spirito autentico della democrazia con quel ridicolo teatrino del referendum sul sostegno a Draghi che, per come è stato formulato, ha fatto sghignazzare l’intero pollaio. Ma è il veleno contenuto nella coda della richiesta avanzata dal Cinque Stelle al premier incaricato che ci preoccupa. I pentastellati hanno rinunciato praticamente a tutto del loro armamentario propagandistico pur di restare aggrappati alla cadrega. All’uomo della Provvidenza hanno chiesto soltanto una cosa, per salvare la faccia con i pochi elettori rimastigli fedeli. E, sembra, l’abbiano ottenuta: la creazione di un super-ministero della Transizione ecologica che accorpi i dicasteri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico. Detta così sembrerebbe il ministero della Magia della saga di Harry Potter o, più prosaicamente, la “supercazzola” di monicelliana memoria. Che vuol dire ministero della Transizione ecologica? Un’etichetta trendy per accontentare i superburocrati di Bruxelles, estensori del Next Generation Eu? Può essere. Un modo maramaldo per intendere che siamo tutti per la difesa dell’ambiente? Benché intellettualmente insultante, ci sta. È come la pace del mondo: chi non la vorrebbe? Ma non convince l’arroccamento di Beppe Grillo sulla difesa pleonastica di questo unico punto di programma, neanche fosse la “linea del Piave” della rivoluzione (fallita) delle Cinque Stelle. Persa la stanza dei bottoni, i grillini stanno avvelenando i pozzi.
Il sospetto è che dietro la creazione del super-ministero si celi la volontà di bloccare la ripresa produttiva del Paese. Un ufficio per la Transizione ecologica c’è già. È un dipartimento del ministero dell’Ambiente e si occupa di moltissime cose: “Economia circolare e la gestione integrata del ciclo dei rifiuti; strategie nazionali di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici; mobilità sostenibile; azioni internazionali per il contrasto dei cambiamenti climatici, efficienza energetica, energie rinnovabili, qualità dell’aria, politiche di sviluppo sostenibile a livello nazionale e internazionale, qualità ambientale, valutazione ambientale, rischio rilevante e autorizzazioni ambientali; individuazione e gestione dei siti inquinati; bonifica dei siti di interesse nazionale e azioni relative alla bonifica dall’amianto, alle terre dei fuochi e ai siti orfani; prevenzione e contrasto del danno ambientale e relativo contenzioso; studi, ricerche, analisi comparate, dati statistici, fiscalità ambientale, proposte per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi”. Che senso ha elevarlo al rango ministeriale, per di più consentendogli di assorbire funzioni del ministero dello Sviluppo economico? Che, a sua volta, tra i compiti istituzionali ha quello di gestire le “risorse del sottosuolo, in particolare degli idrocarburi e dei relativi impianti in mare” e di promuovere “interventi di sviluppo degli idrocarburi e delle risorse minerarie in paesi terzi di interesse per la politica di sicurezza dell'approvvigionamento e di competitività nazionale”.
Siamo al nocciolo della questione. I grillini, da quando sono approdati al Governo, si sono adoperati per impedire lo sfruttamento delle energie non rinnovabili estratte dal sottosuolo e dai mari italiani. Un grande intento se si è per la decrescita felice. Non, invece, se si ha cuore il rilancio produttivo del sistema-Paese. La manifattura italiana soffre un pesante gap nei confronti di economie estere concorrenti, anche a causa del maggior costo dell’energia. L’apparato produttivo ha bisogno che lo Stato lo aiuti a eliminare tutti gli ostacoli possibili perché la produzione riparta. E cosa pensa di fare in proposito il nuovo Governo? Draghi ce lo deve dire. Che si finisca per restringere il collo di bottiglia della burocrazia? Non è che, col preteso dell’ambiente da salvaguardare, si continui a tenere in stallo le imprese, deprimendo ancor più il tasso di occupazione? Non è solo l’approvvigionamento energetico a preoccupare. C’è il problema della gestione dello smaltimento dei rifiuti. Anni di potere della sinistra, al quale si è aggiunto il triennio a egemonia grillina, hanno bloccato la realizzazione dei piani di ampliamento e potenziamento dei termovalorizzatori.
Ora che si fa? Con la transizione ecologica avremo un super-ministro che ci propinerà la medesima abusata sbobba dell’estensione della raccolta differenziata, con il solo effetto certo di fare un piacere alle ecomafie? In particolare, al Sud c’è fame di termovalorizzatori. Nel 2019, dall’Italia sono state esportate 515 mila tonnellate di rifiuti del circuito urbano, con un incremento rispetto al 2018 del 10,8 per cento (fonte Ispra, Rapporto Rifiuti Urbani-Edizione 2020). I Paesi esteri che le ricevono ci guadagnano due volte: perché le regioni esportatrici pagano il servizio transfrontaliero e perché i destinatari ne ricavano energia nel trattarli. E poi, c’è la produzione dell’acciaio da fare ripartire. Attendiamo forse che qualche scienziato pazzo trovi il modo di alimentare gli altiforni con l’acqua minerale e nel frattempo le linee di produzione si fermano per mancanza di materia prima e di semilavorati? Dobbiamo fare a capirci: la transizione green, l’economia circolare, la difesa dell’ambiente vanno bene ma non a spese della capacità produttiva dell’apparato industriale, dei livelli occupazionali e della tenuta sociale ed economica della nazione.
Stesso dicasi per le infrastrutture. Urge riavviare i cantieri per la realizzazione delle opere pubbliche già finanziate. Avrebbe dovuto accadere anni orsono, ma i grillini si sono messi di traverso. Nessuno ha dimenticato le prodezze del mitico Danilo Toninelli al Mit (il ministero delle Infrastrutture e Trasporti) nel primo Governo Conte. Già immaginiamo la scena che non vorremmo più rivedere: i cantieri mestamente fermi perché il burocrate di turno del “ministero della Magia green” mette i bastoni tra le ruote della ripresa attraverso l’interminabile teoria di commissioni per la Valutazione d’impatto ambientale (Via) di cui è lastricata la strada del nostro inferno burocratico. Molto dipenderà dal personaggio che Mario Draghi individuerà per coprire la casella del nuovo super-ministero. Dovesse essere un’emanazione grillina il tentativo del premier incaricato di rimettere in moto il Paese per portarci fuori dalla crisi e lontano dall’abisso in cui si rischia di precipitare sarebbe miseramente abortito. Se proprio questo matrimonio forzato tra ministeri s’ha da fare che sia un profilo tecnico-politico sveglio e pragmatico a officiarlo. E, visto che siamo in tema di sostenibilità ambientale, l’unica seria bonifica che occorrerebbe realizzare senza indugio per la salute delle imprese italiane è al ministero dello Sviluppo economico, inquinato da anni di occupazione grillina.
Sarebbe utile che i media, ormai assuefatti a disquisire del nulla, mettessero orecchio in quel ganglio vitale della Pubblica amministrazione. Tanto per dirne una, andassero a verificare quanto l’onnipresente Invitalia di un altro amico dei grillini, il super commissario Domenico Arcuri, abbia portato via in termini di competenze e di poteri alla struttura ministeriale. A questo punto una domanda dobbiamo porcela: che senso ha anticipare il processo di beatificazione di Mario Draghi, se poi il pollo appena decapitato continua a scorrazzare indisturbato e ringalluzzito nei cavedi dei “sacri palazzi”?
Aggiornato il 12 febbraio 2021 alle ore 12:00