
La crisi in atto ha un che di surreale, ma lo spettacolo che offre è da neorealismo con passaggi alla commedia all’italiana, ma senza Alberto Sordi. Perché è di serie C, calcisticamente parlando, con dilettanti allo sbaraglio dove il capitano-regista, Giuseppe Conte, si batte esclusivamente per una vittoria a qualsiasi costo, compresa la compravendita di giocatori con cambio di maglia, e di ricambio. Checché se ne dica di Giuseppe Conte, un fatto è appurato: che nei quasi tre anni di presidenza del Consiglio non solo (o non tanto) ha mantenuto un profilo gradito al pubblico, ma ha accresciuto un patrimonio elettorale (nei sondaggi) imprevisto dai più. Persino il suo cambiamento di alleanze, passando dai due populismi al loro divorzio e quindi al matrimonio di uno dei due: il suo coi dem ha incremento il punteggio. Un matrimonio d’interessi, si capisce, per di più senza problemi personali, senza dimissioni, senza colpo ferire, a parte quelli inferti alla Costituzione e a un Parlamento ripetutamente svuotato dai Dpcm. Il Conte due, nato essenzialmente per mettere fuori gioco Matteo Salvini, si è giovato di una stabilità offerta proprio dalla pandemia che oggi viene reclamata dall’attuale maggioranza come conditio sine qua non per la continuità, l’inamovibilità, l’intangibilità del Premier che ne ha issato su Palazzo Chigi il simbolo di “o il Conte ter o morte”, traducibile in un “se io non resto, tutti a casa”. O il Paese precipiterà nel baratro.
Lo spauracchio delle elezioni anticipate ha rappresentato (e rappresenta) la scintilla che ha attizzato il fuoco in un Parlamento che, in gran parte, non vuole andare a casa. E ne è scaturita la fiamma dei cosiddetti costruttori alimentata non da un’alta passione, non da uno slancio civile, ma dalla volontà di garantire la maggioranza indispensabile alla continuità di Conte e alla propria. Col passare dei giorni questa volontà, in sé legittima, ha perso qualsiasi valenza ideale, perché hanno cominciato a far capolino i giochi di potere nel Palazzo, cambi e scambi, promesse di sistemazioni personali. E non s’offendano i responsabili, perché così sono percepiti da un’opinione pubblica sbalordita. Gli stessi media, che avevano esaltato l’insostituibilità di Giuseppe Conte, ne hanno messo progressivamente a fuoco la voglia matta di restare, a dispetto dei santi, in un andirivieni di cambi di opinione, altresì detti di casacca, che stanno aumentando il disamore della gente per una politica, in primis per Conte, rinchiusa in un mondo a parte. Cioè nel Palazzo, difendendo a tutti i costi i propri privilegi, mentre chi sta fuori ha che fare con sacrifici, perdita di posti di lavoro e di salute.
Il giudizio che questa crisi non è una cosa seria prevale di gran lunga su ogni considerazione e lo spettacolo della ricerca di una maggioranza qualsiasi aumenta sempre più la lontananza, il distacco, una vera e propria frattura fra società e politica. Se poi, per raggiungere il fatidico numero dieci di quel gruppo europeista, si presta un proprio parlamentare, si tocca il fondo di un mercimonio del quale Palazzo Chigi è il suk, ma che sta costando al suo proprietario credibilità e, probabilmente, la stessa sopravvivenza.
Aggiornato il 01 febbraio 2021 alle ore 09:28