Sembra quasi di sparare sulla Croce Rossa parlando del commissariamento calabrese della sanità e del caso Saverio Cotticelli. È del resto assai facile, e anche giusto, criticare le incredibili dichiarazioni in tv del generale dei carabinieri in pensione Saverio Cotticelli, commissario ad acta per la Sanità in Calabria che, a una domanda dell’inviato di “Titolo V” – trasmissione in onda su Rai 3 – ha risposto, smarrito: “Il piano Covid dovevo farlo io?”. Criticabile, criticabilissimo e, dunque, rimosso seduta stante dal Governo di Giuseppe Conte che, solo tramite la tv, si è accorto del caso in Calabria come, si parva licet, Donald Trump negli Usa ha saputo della sconfitta dalla Cnn prima ancora che da una proclamazione ufficiale del vincitore, Joe Biden.
Il caso Cotticelli, tuttavia, è esploso soltanto in questi giorni drammatici di attacchi dell’epidemia ma va pur detto che la scomparsa presidente della Calabria, Jole Santelli, aveva più volte scritto al Governo e quindi a Giuseppe Conte in persona per denunciare, appunto, un “commissariamento che ha distrutto la Sanità in Calabria”. Più chiaro di così. L’accusa non era e non è generica ma va al di là delle persone che, come Cotticellli, era certo la meno adatta a ricoprire un ruolo non facile, pur rimanendo uno dei migliori generali dell’Arma, come ha detto Sergio Di Caprio, il “Capitano Ultimo” attualmente assessore regionale calabrese all’Ambiente. Del resto, questo caso è uno dei tanti che affliggono una grande regione come la Calabria. Se è una notizia clamorosa la gaffe cotticelliana, non meno evidente è il ruolo che in tutta questa vicenda ha svolto il Governo che, non dimentichiamolo, ha deciso quel commissariamento. Alle polemiche oggettive in merito, si sono aggiunte quelle inevitabili sulla sua nomina ,e poco importa ,in una sede neutrale come la nostra, a quale governo e a quale anno la si faccia risalire soprattutto perché la funzione di chi sta a Palazzo Chigi è nella vigilanza, nei riscontri, nelle verifiche dell’operato di chi rappresenta in loco la volontà governativa, tanto più se le segnalazioni assolutamente negative non rientravano nel solito flatus vocis, né nelle frequenti critiche mediatiche in loco, ma nella voce e negli scritti più autorevoli della istituzione regionale. E se non ci fosse stato il servizio televisivo, il commissario sarebbe ancora al suo posto.
Le cronache riferiscono di uno sdegnato Conte che ha immediatamente deciso la rimozione del commissario ad acta, ma qualche attento osservatore non può esimersi dal rilevare che, molto probabilmente, alla dimenticanza, alla assenza “in vigilando” contiana, lo staff presidenziale vi ha rimediato con gli appuntamenti, quelli sì mai assenti, e pluriquotidiani, in conferenze stampa nelle ore di massimo ascolto. Ma siamo convinti che nell’ossessiva ricerca del peak time prevarrà un giudizioso silenzio sui casi di Calabria
Aggiornato il 10 novembre 2020 alle ore 09:44