Che cosa si aspetta Conte dal Partito Democratico e dintorni

Non vi è dubbio che la navigazione del Governo di Giuseppe Conte si trova in un mare agitato. E a fari spenti. Il famoso metodo di Conte comincia a fare acqua. Lo tsunami del virus in questa seconda ondata non trova più davanti a sé un premier che, tra un sorriso e un decreto, lo affrontava, anche con la misura del lockdown, seguita dalla immancabile conferenza stampa. Ne è passata di acqua sotto i ponti da quei mesi, e ne sono derivati, come ben sappiamo, ritardi, rinvii e una sostanziale carenza di previsioni e di preparativi che hanno reso più complicato il da farsi da parte del Governo. E il proverbiale “che fare” si sta sviluppando in un susseguirsi di sequenze, delle quali non potevano non prendere nota le opposizioni ma, soprattutto, alcuni della maggioranza.

Il quadro politico è dunque in movimento, fra spinte e controspinte delle quali sono testimonianze le stesse proposte della necessità di maggioranze più ampie, di cabina di regia, di governi di salute pubblica, di unità nazionale col tavolo in cui riunire maggioranza e opposizione unite, come dice fra le righe il Quirinale, dal comune impegno di dare una risposta alla gravità dei problemi. Il punto è che intorno quel tavolo il primo a non volersi sedere è proprio Giuseppe Conte, insieme ai suoi compagni di merenda grillini. Ed è curioso notare che l’indefesso temporeggiatore di palazzo Chigi continui nella volontà di rimanere seduto a tavole separate, assiso dove l’unico è lui, forse neppure con quel furbacchione di Luigi Di Maio. Ce lo saremmo immaginato, Conte, oggi alle prese con l’invocata cabina di regia nel mettere in mostra il suo metodo, le sue doti di mediatore che molti gli invidiano, se è vero come è che ha rovesciato, quello sì, il tavolo prima occupato dalla Lega e poi dal Partito Democratico, ma senza tradire alcuna emozione, imperterrito.

E ci si interroga, dopo quel ribaltone, come riesca a comporre di giorno e soprattutto di notte, le diatribe interne sia fra i suoi soldatini di partito sia nella maggioranza con i ripetuti sgambetti provocati da Matteo Renzi un giorno sì e l’altro pure. Si sentiva coperto dai saltafossi renziani da un vigile Nicola Zingaretti, che ha sempre restituito al mittente, per di più scissionista, il classico pan per focaccia con ripetuti niet a qualsiasi tentativo di turbamento della rotta contiana. Le cose sono cambiate, la navigazione non pare così spedita, mano a mano che vanno crescendo nel Pd appunti, osservazioni e critiche nei confronti di un premier che, diversamente da Zingaretti, non può mandare a quel paese un Graziano Del Rio, che in Parlamento ha reclamato un cambio di passo del Governo e un Andrea Marcucci, che ha chiesto a Conte “di non venire più a comunicarci i decreti, riducendo il potere di modifica del Parlamento. Dobbiamo chiedere a lei presidente di cambiare metodo e di andare verso un contesto di maggiore collaborazione con le opposizioni”. Più chiaro di così. Anche perché l’abilità di Andrea Marcucci, già renziano, ha combinato l’ipotesi della maggiore collaborazione con le opposizioni (traduzione dal politichese di una maggioranza ampia, nuova cabina di regia) con una staffilata all’abuso dei Dpcm dei quali se ne contano ben 22, un record assoluto, che è sempre stata l’arma privilegiata delle critiche istituzionali di tutta l’opposizione.

E se questa potrebbe ora interrogarsi anche sulla convenienza, sul cui prodest, aderendo a simili inviti, resta il fatto che questi non possono più cadere in quel non cale da parte della coppia Conte-Zingaretti. Questi, sia pure definendo spiacevole l’uscita di Marcucci, bollato come “compagno di merenda di Renzi”, non può più riscorrere alle consuete liquidazioni “interne” perché le critiche e i rumors evidenziano un malessere diffuso dentro il Pd, destinato a crescere perché il metodo di Conte è alieno dal cambio di passo invocato e, al tempo stesso, non accetta qualsiasi ipotesi di maggioranza allargata. È una sorta di cerchio magico che lo avvolge. E che si fa sempre più stretto.

Aggiornato il 31 ottobre 2020 alle ore 09:22