Il modello italiano dà i numeri

Dal magnifico modello italiano è tutto, verrebbe da dire. In realtà questi numeri, come tali resistenti alle opinioni, ci dicono molte cose.

Ci dicono, ad esempio, che l’enorme debito pubblico italiano – che è l’unica vera ragione che ci impedisce di potenziare il sistema sanitario per affrontare la pandemia – si è formato molto prima del Covid. Ci dicono poi che la bassa produttività del Paese non c’entra niente col Covid (la produttività italiana 1995-2017 è stata in media dello 0,4 per cento annuo, ovvero un quarto di quella della Francia e Germania). Ci dicono ancora che non è responsabilità del Covid se abbiamo un’amministrazione pubblica, un sistema giudiziario o un sistema educativo che non sono competitivi sul piano europeo. Ci dicono, inoltre, che non è colpa del Covid se abbiamo un sistema fiscale gabellare e se non riusciamo a far crescere economicamente il Sud o ad investire in infrastrutture materiali e immateriali.

Il populismo di governo a fronte della propria conclamata incapacità ricorre, tra astrusi Dpcm e più o meno paventati lockdown, alla sempiterna narrazione secondo la quale “è sempre colpa degli altri” se le cose non funzionano. L’unica novità è che stavolta gli altri siamo noi. Chi nega questa realtà non è migliore di chi nega l’esistenza del virus, perché all’ottusità dei primi aggiunge la malafede di chi di questo sistema campa e all’idea che qualcuno possa riformarlo si terrorizza ben più che di fronte al Covid.

Aggiornato il 26 ottobre 2020 alle ore 12:02