Immigrazionismo, il veleno del nostro tempo

C’è un perché se ossessivamente ripetiamo che questo Governo debba andarsene. E prima lo farà, meglio sarà per gli italiani. Sui molti guai causati dal Conte bis uno svetta sugli altri: la sinistra al potere ha risvegliato la bestia dell’accoglienza degli immigrati clandestini. Non che i problemi economici, irrisolti, degli italiani non fossero una priorità. Ma l’abbondono consapevole di ogni difesa dall’invasione migratoria è un problema di visione a lungo raggio del futuro della società. E a noi interessa sapere cosa sarà dell’Italia domani. Della sua cultura, delle sue tradizioni, della sua storia; del diritto, una volta ritenuto sacro e inviolabile, degli italiani di abitare la terra dei loro padri. I difensori dell’idea di patria si trovano a fronteggiare un’ideologia che, servendosi di tutti i mezzi fede religiosa compresa, sta instillando veleno nelle arterie vitali della comunità nazionale. Non si tratta, come fu al tempo del terrorismo, di pochi elementi alieni alle pulsioni e ai sentimenti della quasi totalità della popolazione. Gli avvelenatori sono coloro da cui non ti aspetti che venga un male; sono persone e organizzazioni finora percepite come benemerite, innocue, dedite al bene della comunità. Invece, sotto la stucchevole glassa della solidarietà, nascondono un micidiale intento distruttivo.

Chi sono costoro? Non sono tutti radical-chic, cani che abbaiano ma non mordono. Loro, i radical-chic, egoisti e avidi predicano bene ma quando c’è da rischiare del proprio sono i primi a darsela a gambe. A parole vogliono le porte aperte, ma quelle degli altri non certo quelle di casa loro. Osannano il sistema dell’accoglienza diffusa, sono fans di Mimmo Lucano e della Riace finta arcobaleno. Però, quando nel Ferragosto del 2016 si trattò di aprire le porte a 50 immigrati nella venerata Capalbio, il salotto buono dell’intellighenzia di sinistra, i radical-chic tirarono su le barricate neanche fossero trinariciuti leghisti. Gli avvelenatori di cui parliamo sono più subdoli, più organizzati e più potenti perché hanno alle spalle uno sponsor che sfrutta l’arma letale dell’aldilà per condizionare la comunità dei fedeli: la Chiesa del gesuita Francesco. Grazie all’encomiabile professoressa Anna Bono, che dalle pagine di Atlantico conduce una solitaria battaglia di verità sulla questione degli arrivi dei clandestini nel nostro Paese, abbiamo appreso dell’esistenza di un documento pubblicato dalla Caritas diocesana di Palermo lo scorso 24 agosto, in risposta all’iniziativa del Governatore della Regione Sicilia, Nello Musumeci, con la quale si ordinava lo sgombero di tutti i centri d’accoglienza presenti sull’isola. È un delirio ideologico, infarcito di una quantità di pericolose menzogne. Nel documento è scritto: “L’ordinanza parte in verità da una costatazione del tutto condivisibile, mettendo in luce l’enorme disagio in cui versano oggi sia la popolazione siciliana, sia i migranti affluiti sulle nostre coste in questi mesi estivi. Ma già a questo livello la lettura del fenomeno si rivela fuorviante. Il disagio, il dolore, la fatica vengono giustamente attribuiti agli abitanti delle nostre isole senza prendere però in considerazione anche lo stato e il destino di migliaia di donne, di bambini e di uomini in fuga dalla fame e dalle guerre, che concludono in Sicilia, in maniera indegna, un lungo esodo in cerca di libertà e di vita buona”.

Balle! Dove sono tutte queste donne e questi bambini affamati? Come rivela la professoressa Bono, donne e bambini che hanno chiesto asilo in Italia negli anni scorsi sono stati scarsi il 15 per cento del totale. E poi, fuggirebbero dalla guerra e dalla fame? Le prime cinque nazionalità di provenienza dei clandestini nel 2020 sono state: Tunisia, Bangladesh, Costa d’Avorio, Algeria, Pakistan (fonte: ministero dell’Interno). Non ci risulta che in questi Paesi siano in corso guerre o vi sia la carestia. Si dirà: non se la passano bene. Perché, noi in Italia ce la passiamo bene? Non per questo andiamo a invadere la Svizzera. Le immagini televisive degli sbarchi inquadrano una massa di giovani uomini in buona forma fisica che, si presume, tentino la fortuna in un’Europa che è stata mostrata loro dai trafficanti di esseri umani diversa da ciò che è nella realtà. Il documento diocesano prosegue con una folle pretesa: “la conseguenza logica di questa situazione dovrebbe essere una serie di atti amministrativi e legislativi volti a coniugare sicurezza e solidarietà, a tutelare i Siciliani e ad accogliere in maniera dignitosa i più poveri della terra”.

Ma dove sta scritto che l’Italia deve farsi carico dei poveri della terra? È giusto e doveroso dare una mano a chi è rimasto indietro a costruirsi un’esistenza degna, ma a casa sua. Non a occupare abusivamente quella degli altri. La follia comincia a farsi veleno quando si legge: “L’ordinanza (di Musumeci, ndr) invece sceglie la via dell’ennesima negazione del diritto umano alla mobilità, la via mistificante di una nuova cosciente discriminazione”. Gli avvelenatori gettano la maschera invocando senza mezze misure un devastante diritto umano alla mobilità, come se fosse una prerogativa unilaterale del migrante di occupare luoghi altrui in assenza di una corrispondente potestà dell’ospitante a opporre diniego a tale pretesa. Comprenderete bene la pericolosità di questa dichiarazione di morte di una civiltà: l’allogeno ha potere d’ingresso e di stabilizzazione in un contesto sociale a sua insindacabile volontà. Verrebbe voglia di dire a questi nemici giurati dell’idea di patria: domani in nome del vostro proclamato diritto alla mobilità veniamo a stare nelle vostre case, a mangiare il vostro cibo e a dormire nei vostri letti. Poi vedremo se non vi passerà la voglia di fare le quinte colonne dell’invasione migratoria. La verità è che costoro sono degli odiatori incalliti della civiltà occidentale. Nella loro visione l’accoglienza sarebbe soltanto la prima forma risarcitoria del male che la nostra civiltà avrebbe fatto al resto del pianeta. Ingrati, ecco cosa sono. Sputano sul mondo che è stato plasmato sotto il segno di quella croce che oggi loro brandiscono come un’arma da scagliare contro la matrice del loro stesso benessere.

Gli oltre duemila anni di costruzione dell’Occidente sono trascorsi prevalentemente, nel bene e nel male, sotto il segno di quella croce e nell’alveo di quella Chiesa che oggi si è convertita all’ideologia multiculturalista. Non si tratta di pensarla diversamente: su questo punto siamo su due mondi anni luce distanti. A noi piace credere che nascere in Occidente e vivere all’occidentale, pur con tutti i limiti, sia il meglio che ci potesse capitare. Perché siamo mediamente più ricchi? No, perché siamo culturalmente superiori. Basta con la retorica ipocrita del “tutti uguali e tutti figli di Dio”! Non siamo tutti uguali e neppure vogliamo diventare una sola massa indistinta. Teniamo alla nostra terra, che è terra dei nostri padri, alla cultura che è la cifra identificativa della nostra identità e non abbiamo alcuna intenzione di negarla per fare spazio ad estranei per la gioia dei dispensatori del veleno multiculturalista. E lo diciamo col cuore pieno di nostalgia per l’assenza di una persona di cui in questi giorni ricorre l’anniversario della scomparsa che ovviamente nessun “benpensante” multiculturalista vorrà ricordare: Oriana Fallaci. Se ci fosse stata lei a commentare l’orrendo dispaccio della Caritas avrebbe certamente tuonato contro i traditori della civiltà occidentale. Ma facciamo che lei ci sia ugualmente a infonderci coraggio nelle idee e chiarezza nella ragione.

Aggiornato il 07 settembre 2020 alle ore 11:05