Ci mancava anche l’istruzione (come dicastero) a ridefinire una compagine governativa che, a parte la soluzione europea raggiunta in extremis, non brilla di luce sua propria, anzi. Si sa, il settore della Pubblica istruzione è tanto meno sotto la luce dei riflettori mediatici, quanto più la materia interna del contendere non fa notizia e quando la fa, finisce fra le eventuali a varie. Nel caso della ministra Lucia Azzolina, il pretesto per dir così materiale, nasce fra i banchi di scuola ma non come luogo, momento del rapporto fra maestro e allievo ma più terra terra ovvero sulla tipologia di banchi da comprare, apparentemente con le ruote perché, dice la ministra in visita in una scuola milanese “al momento garantiscono maggiore distanziamento. In futuro permetteranno l’avvicinamento, cioè di avere una innovazione didattica che permetta agli studenti di lavorare in gruppo”.
Innovazione didattica? Lavorare in gruppo? Avvicinamento? Sullo sfondo dell’emergenza che nelle scuole ha lasciato una scia di problemi da risolvere, a cominciare dalla data di apertura dell’anno scolastico, la faccenda dei nuovi banchi riveste una certa importanza, ma che il tema debba rientrare fra le priorità e meriti un’attenzione mediatica degna, in tutto e per tutto, di miglior causa, rimpicciolisce figura e ruolo di una ministra che non pare del tutto consapevole delle responsabilità che le competono. Ma non è tutto, perché in una delle sue uscite (fuori controllo, a quanto pare) l’Azzolina ha lanciato l’idea di andare a cercare gli insegnanti fra coloro che ancora non si sono laureati, immaginando così di risolvere il duplice problema dei pochi insegnanti e dell’assenza di lavoro per i giovani. Un’idea che qualcuno ha definito “folle” ma che a ben vedere, rientra nella patologia ideologica di un movimento che definire senz’arte né parte è troppo e troppo poco, non foss’altro che per i danni che reca, stando al governo, e, in questo caso, ad una istruzione ed educazione che sono alla base di ogni società.
Ci sarebbe inoltre da osservare che il coacervo di nuove regole che comporta gravi disagi per le famiglie e, comunque, il parere di docenti e presidi, a cominciare proprio dai “nuovi banchi”. Li ritengono fuori luogo. “Le necessità – dicono – sono tante, meglio destinare le risorge ad altro”. E l’altro non può non essere la situazione generale del nostro sistema educativo e scolastico del quale si chiedono, da anni, riforme concrete, interventi mirati, rinnovamenti autentici degni della funzione che la scuola ha in ogni società moderna in cui i facili slogan della retorica populista servono a raccattare qualche consenso spicciolo, spacciando per riforme interventi spesso a sfondo clientelare. E, mi raccomando, i banchi con le ruote!
Aggiornato il 23 luglio 2020 alle ore 10:51