
Tra i guai procuratici dal virus l’antropomorfizzazione del microrganismo è davvero l’ultima spiaggia degli esperti, che, avendo profuso ogni più benefica energia nello spiegarci i perché e percome della pandemia, sembrano annaspare di fronte al fatto (un fatto!) che i malati sono molti meno e molto meno malati. Così hanno preso a descrivere il virus come un cristiano bell’e buono. Noi ignoranti dobbiamo farci da parte di fronte ai sapienti, giusto. Tuttavia, quando coloro che sanno straparlano, pure coloro che non sanno riacquistano il diritto di parola.
Molti anni fa, quando chiesero al Nobel Jacques Monod cosa fosse un virus, egli da vero scienziato rispose: “Un virus è un virus”. Allora di virus anche la scienza sapeva poco. Ora la stessa scienza premette di sapere poco e niente dell’ultimo virus, eppure attribuisce ad esso comportamenti e intenzioni umani, come se avesse cervello, mentre invece è così microscopico che non potrebbe contenere neppure un neurone.
La bestiolina dunque sarebbe furba come un politico navigato, così furba che, dopo aver ammazzato decine di migliaia di persone, adesso si sarebbe accorta di esagerare. Non uccide più come prima per non distruggere, a pena della sua stessa vita, l’organismo umano che gli dà vita. Accortamente quindi tiene in vita l’ospite per una simbiosi vitale per entrambi.
La scienza ha finalmente realizzato che, avendolo trattato con disprezzo, come un essere inferiore, ne aveva provocato l’ira funesta. Invece, antropomorfizzandolo, se lo può fare amico. Anzi, un amicone.
Tra un po’ l’accademia svedese insignirà del Nobel il virus anziché lo scopritore del vaccino.
Aggiornato il 12 giugno 2020 alle ore 09:29