Nell’editoriale “Hong Kong e il gigante cinese”, Lorenzo Infantino ha sottolineato da par suo i caratteri paurosamente illiberali della Cina comunista: Stato totalitario, volontà egemonica, vocazione repressiva.
Lenin definì il bolscevismo con la formula “i soviet più l’elettrificazione”. La Cina, senza essere collettivista come il bolscevismo, possiamo definirla “dispotismo più elettromagnetismo”. Il governo cinese è una nomenclatura piramidale che non tollera altro da sé. Anche i più potenti miliardari cinesi restano pur sempre cani al suo guinzaglio. L’autorità costituita fa un uso devastante dell’elettronica per tenere in soggezione i cittadini. Gli Stati di polizia che abbiamo conosciuto, dai nazisti ai comunisti, controllavano i loro “sudditi” con i mezzi dell’epoca, che oggi appaiono rozzi e antiquati sebbene funzionassero allora alla perfezione. “Le vite degli altri” erano vite alla mercé della dittatura di partito. Erano vite “di” altri, cioè a disposizione del potere. L’esistenza dei cosiddetti nemici del popolo e della rivoluzione era spiata tramite microfoni, fotografie, filmati, delazioni. Anche a causa della natura dei mezzi di spionaggio, gli apparati segreti dovevano impiegare grandi mezzi e molti uomini. La tecnologia ai nostri tempi fa miracoli pure in questo campo. Ha smisuratamente accresciuto la semplicità, la qualità, l’estensione dello spionaggio. Ognuno di noi porta felicemente in tasca una spia personale, non assegnataci dal Governo ma da noi stessi arruolata per necessità e per piacere. Un ribaltamento dell’antico rapporto di controllo tra tiranni e tiranneggiati, quasi che fossimo noi stessi, non una latomia, l’orecchio di Dioniso.
La natura intrinseca del regime cinese non ha bisogno di essere scoperta come se fosse sconosciuta e misteriosa. No. Deve essere semplicemente ribadita. Infatti la Cina non nasconde ciò che è. Ne mena vanto. Ho pensato quindi, in accordo con l’Opinione, di far mettere in rete sul nostro sito il documentario che il programma “Petrolio” della Rai ha trasmesso in merito al “Sistema del credito individuale sociale”, un programma di sorveglianza dei cittadini cinesi per educarli a comportarsi meglio e al meglio dello standard tassativo fissato dagli educatori, che non sono né i genitori, né i docenti, né i religiosi, ma i mandarini dell’ordinamento comunista. Il cittadino cinese vive tra grappoli di telecamere, che osservano, registrano, elaborano i suoi comportamenti. Il programma è attivo in 43 città, per adesso. Comporta la schedatura di massa e, per i reprobi, la gogna pubblica. Al cittadino viene assegnato in dote un numero di punti, che egli può aumentare se agisce “virtuosamente” oppure perdere se invece si comporta nei modi disapprovati dal partito. La perdita di punti può condurlo ad una vera e propria morte civile: dalla limitazione dei consumi al divieto di espatrio, con la devastante conseguenza che il ricorso in tribunale contro la diminuzione dei punti gli procura l’ulteriore sanzione di fargliene perdere altri.
Il documentario, che allo stato deve essere considerato genuino e veritiero, anche per l’autorevolezza del giornalista che lo ha avallato e della Rai che l’ha trasmesso, costituisce una testimonianza agghiacciante dell’esistenza che aspetta tutti i cinesi. La distopia totalitaria, fantascientifica e fantapolitica, di George Orwell è superata dalla realtà. Buona visione!
Aggiornato il 03 giugno 2020 alle ore 10:27