Il virus della realtà

Man mano che escono rapporti e studi più approfonditi sul Covid-19, ci si sta rendendo conto che non si tratta affatto di quel flagello inesorabile che gli uomini al potere ancora oggi sembrano utilizzare come giustificazione per l’insensato confinamento di massa in casa decretato verso la metà di marzo e tutt’ora in gran parte ancora in vigore.

E se all’inizio di questa paranoia collettiva, a cui la maggioranza dei media nazionali hanno dato un gran contributo, raccontando di un mondo che all’unisono seguiva pedissequamente l’esempio dell’Italia, la giustificazione per tenerci agli arresti è oramai caduta da un pezzo. Il rischio, soprattutto in Lombardia, di veder collassare i reparti di terapia intensiva è oramai scongiurato da tempo. Mentre scrivo i malati che sono tenuti in vita grazie alla respirazione artificiale sono poco più di mille in tutto il Paese, a fronte di una capacità aumentata con grande sforzo a circa 10mila posti di rianimazione.

A questo proposito mi sembra doveroso raccogliere la dura presa di posizione del primario del reparto di terapia intensiva del “San Raffaele” di Milano, il dottor Alberto Zangrillo. Ospite alcuni giorni fa nel salotto televisivo di Bruno Vespa, questo specialista che opera in trincea ha pesantemente criticato il modo con cui in Italia è stata affrontata l’epidemia di Covid-19. A suo avviso l’errore molto grave è consistito nel non aver ascoltato con la dovuta attenzione proprio chi è stato in prima linea in questa emergenza sanitaria. Inoltre Zangrillo, sostenuto in questa sua osservazione anche dall’epidemiologo Massimo Ciccozzi, dell’Università Campus Biomedico di Roma, osserva da tempo molti segnali incoraggianti che sembrerebbero andare nella direzione di un virus molto meno aggressivo, come dimostrerebbe il crollo verticale delle richieste di terapia intensiva nel suo reparto. Segnali che, a titolo di cronaca, si stanno moltiplicando sul territorio. Altri medici in prima linea parlano la stessa lingua, come Matteo Bassetti, direttore dell’Unità operativa della clinica malattie infettive al Policlinico San Martino di Genova, che già il 24 aprile dichiarava: “La sensazione è che il Covid-19 abbia perso forza e quello spirito di aggressione che aveva nella metà del mese di marzo”.

D’altro canto, facendo un passo indietro, anche Roberto Burioni, prima di indossare i panni di un novello Savonarola, all’inizio di questa surreale vicenda aveva teorizzato, sulla base del comportamento di altri coronavirus, che con l’arrivo dei mesi caldi il virus sarebbe mutato e che, in virtù del fatto che in estate il nostro sistema immunitario funziona meglio che nelle stagioni fredde, la situazione generale sarebbe migliorata decisamente. Miglioramento che in effetti i numeri sembrano indicare in maniera sempre più significativa anche dopo aver parzialmente riaperto il Paese alle corsette e alle passeggiate.

Ma i geni che reggono in questo momento le traballanti sorti della nazione, fritto misto di politici che in gran parte hanno vinto la lotteria di una elezione e di cosiddetti scienziati che fino a ieri vivevano in un sostanziale anonimato, ci ammoniscono ogni giorno coi loro anatemi. “Fate i bravi altrimenti richiudiamo tutto”, questo in soldoni il messaggio abbastanza minaccioso che i membri più autorevoli di un distopico regime sanitario continuano a mandare agli italiani.

Tuttavia, prima o poi questa emergenza finirà, così come in altri Paesi europei è già accaduto da un pezzo, pur avendola vissuta molto prima di noi, e a quel punto occorrerà fare i conti con un altro virus ancora più grave di quello che ha convinto il Governo a paralizzare per mesi l’intero Paese: il virus della realtà. Quando infatti si dovranno raccogliere i cocci di una distruzione sociale ed economica senza precedenti, e che a mio avviso si poteva evitare almeno in parte muovendoci con la stessa filosofia adottata da tanti altri Stati – in cui si è scelto di convivere con il virus pur nell’ambito di importanti misure di protezione che non hanno però provocato la chiusura totale del Paese – non credo che possa funzionare il giochetto squallido dello scaricabarile. I decisori politici che hanno scelto la linea del rigore estremo, bloccando l’economia e tenendo confinati in casa gli italiani, non potranno prendersela né con una epidemia che, come sì è visto da subito, colpisce in modo grave solo la frazione più vulnerabile della collettività, la quale andava comunque protetta in tutti i modi, e né con gli scienziati, o presunti tali, che l’hanno dipinta come la peste del terzo millennio. È solo l’Esecutivo nel suo insieme che dovrà alla fine rispondere del disastro economico e sociale di cui ancora in troppi ignorano la portata.

Aggiornato il 11 maggio 2020 alle ore 11:04