La voglia matta di decreti e i colpi alla democrazia

L’avevamo capito da tempo: ogni volta che una delle tante conferenze stampa di Giuseppe Conte si apre con i soliti slogan banali, si chiude con il solito decreto allo scopo di confermare costrizioni e limitazioni di libertà e diritti individuali, qua e là temperate da minime concessioni. Un decreto, quest’ultimo, che ha la pretesa di aprire la Fase due o della ricostruzione.

Rischiamo di essere noiosi a insistere su questa “decretite”, se non fosse che ad ogni sua esternazione, con applicazione immediata, si compisse un nuovo passo avanti nell’emarginazione del ruolo del Parlamento e dunque dell’opposizione proprio nella sede che rappresenta la volontà popolare. E già qualcuno osserva che stiamo viaggiando verso un colpo o “colpetto” di Stato.

A tal proposito non va dimenticato che la forza maggiore nel governo è quel Movimento 5 Stelle che ha condotto già in tempi non lontani una campagna di delegittimazione dei “soliti politici corrotti” seduti in Camera e Senato, e lo sventolio della bandiera col simbolo dell’uno uguale a uno nascondeva sotto un egualitarismo di facciata, un populismo di pura demagogia occultando e negando, a sua volta, l’essenza stessa e la ragion d’essere della politica, delle sue modalità, dei suoi luoghi di rappresentanza dove il pluralismo ha a che fare con la complessità che prevede professionalità e idee, con i necessari scontri, confronti e votazioni verso una sintesi, e assolutamente necessari all’azione di governo e alle sue scelte.

Conte, presidente di due governi di opposta maggioranza, era ed è un designato da questo movimento e con le sue mosse diplomatiche ha bensì smorzato le accensioni vetero-pentastellate, ma non in nome di quell’immaginario progetto rivoluzionario urlato sulle piazze da Beppe Grillo, ma del potere, delle poltrone degli enti da spartire; eppure del grillismo ideologico conserva caratteristiche di fondo come quell’agire sistematico per decreti che sfrutta l’emergenza per scavalcare i luoghi consacrati all’obbligo della verifica fra maggioranza ed opposizione.

La decretazione a getto continuo, spacciata per decisionismo e con il suffragio di innumerevoli commissioni di esperti, diventa l’espressione di una sottaciuta aspirazione a un sistema autoritario in cui le libertà individuali e le garanzie costituzionali sono sempre più compresse, senza lasciare ai cittadini quell’autodisciplina che in tanti Paesi europei è invece un’arma decisiva contro il micidiale e sconosciuto virus.

Si nega così la fiducia nei comportamenti degli italiani che hanno mostrato, fino ad ora, ordine ed obbedienza perché ritengono limitazioni e compressioni necessarie ma temporanee. Qualche dubbio è lecito sollevarlo se davvero questa temporaneità sia riposta nell’operato di questi governanti che alla fiducia nel popolo (parola di cui si riempiono la bocca) contrappongono ed impongono un decreto dopo l’altro.

Governare per decreto: oggi, domani e, magari, dopodomani.

Aggiornato il 29 aprile 2020 alle ore 10:21