Impareremo molte cose dalla difficile situazione sanitaria che stiamo affrontando, sperando di non dimenticarle. Tra queste, che i sistemi sanitari sono organizzati su base previsionale: le strutture, le cure, il personale dipendono dalla stima che viene fatta dei bisogni terapeutici e sanitari.
In questi giorni, ci stiamo drammaticamente accorgendo che “la possibilità di conoscere e interpretare i dati sanitari, nel rispetto della riservatezza, può costituire una fonte preziosa sia per la ricerca sia per lo sviluppo di nuove cure e terapie sia per l’individuazione di soluzioni gestionali e organizzative del sistema sanitario più rispondenti ai reali bisogni della popolazione interessata”.
Lucio Scudiero e Serena Sileoni, nel focus “Conoscere per curare”, sottolineano che la forza statistica dei dati sanitari, laddove raccolti e “trasformati”, anche in tempo reale, in big data, potrebbe “essere utile non solo alla ricerca medica, ma anche a fotografare lo stato della domanda di servizi di prevenzione, assistenza e cura sanitaria e anticiparne i trend nell’ottica di una modulazione degli interventi di governo socio-sanitario su di essa, così da riqualificare o ridurre la spesa sanitaria nazionale”. Il paper contribuisce ad analizzare il contesto giuridico entro il quale un simile trattamento dei dati può essere rispettoso dei diritti individuali e al tempo stesso utile all’organizzazione del servizio sanitario.
“Conoscere e interpretare i dati sanitari, raccogliere dati individuali e usarli, una volta trattati, come big data in grado di fornire una conoscenza statistica dei bisogni socio-sanitari della popolazione è una grande opportunità offerta dalla tecnologia”, concludono Scudiero e Sileoni. “I dati sanitari non sono importanti solo perché consentono una migliore e più approfondita assistenza sanitaria, ma anche perché, appunto, consentono di costruire una offerta di servizi sanitari più aderente alla domanda, in maniera diametralmente opposta a quanto accade finora”.
Aggiornato il 12 marzo 2020 alle ore 16:06