Il corto circuito che sta fulminando il Paese è provocato da tre criticità: sanitaria, che è la prima e più rilevante di tutte, economica e politica. Cigni neri che si muovono simultaneamente e che insieme possono compromettere la vita di milioni di persone, la tenuta dei conti pubblici, dei bilanci delle aziende, il mantenimento dell’occupazione e la credibilità internazionale dell’Italia.
Davanti all’incendio non ci sono santi che tengano: va spento il prima possibile e nessuno si può rifiutare di usare l’estintore o portare secchi d’acqua. Sulle norme sanitarie, d’ordine pubblico e controllo del territorio non sono concepibili, nell’immediato, polemiche strumentali e divisioni di sorta tra istituzioni e partiti.
Lo stesso si deve dire per i provvedimenti indifferibili di finanza pubblica: quelli sul potenziamento degli organici negli ospedali, sull’acquisto di strumentazioni terapeutiche, sul sostegno agli anziani o alle famiglie e via dicendo. Anche su questi temi e almeno per il momento, i partiti devono ammainare le loro bandiere e convergere nella ricerca di soluzioni comuni.
Non così su altre criticità. Il tracollo dell’economia e il forte peggioramento dei conti pubblici esigono proposte autonome delle forze di governo e di quelle d’opposizione. Su questo doppio fronte, le due coalizioni si devono assumere separata responsabilità davanti al corpo elettorale. Il contrario, dunque, di quel che vorrebbero accadesse il Presidente del Consiglio, il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle, che auspicano anche su questi temi l’incontro delle volontà di maggioranza e opposizione.
Se non ci fermiamo alla superficie, in questa invocazione di convergenza c’è qualcosa che non torna. Vediamo dove sta il bluff. La democrazia si regge sulla contrapposizione tra maggioranza e opposizione, sicché la loro riduzione ad unità è una forma di sospensione delle regole della democrazia stessa. Se sospensione vi deve essere, allora, la sola strada può essere quella di un governo di unità nazionale, con un voto parlamentare espresso, un programma preciso, l’approvazione e il controllo del Capo dello Stato, com’è accaduto in alcuni momenti drammatici della storia repubblicana. Si pensi al governo De Gasperi III del 1947, immediatamente successivo alla nascita della Repubblica, oppure al governo Andreotti IV del 1978, varato all’indomani del rapimento del presidente Aldo Moro e dell’uccisione degli uomini della sua scorta. Esperienze tra loro diverse e dal peso politico assai differente, ma forgiate intorno all’idea di unire, in esecutivi formalmente costituiti, partiti antitetici. Questi governi, proprio perché nati per esigenze specifiche e col concorso di forze ideologicamente contrapposte, ebbero vita breve: superata la fase acuta dell’emergenza, le regole democratiche furono pienamente ripristinate, caddero i governi e furono indette elezioni anticipate.
Ad oggi non v’è volontà politica di costituire un governo di unità. I soli partiti disponibili sono Lega e probabilmente Forza Italia. Fratelli d’Italia si oppone per questioni ideologiche - e per questo rispettabili - mentre Partito Democratico e Movimento 5 Stelle si oppongono per motivi di bassa cucina. Un governo di unità non potrebbe che avere durata limitata: finita l’emergenza dovrebbe cedere alla volontà delle urne. Ipotesi dalla quale, invece, democratici e pentastellati fuggono a gambe levate.
Ed eccoci al bluff. Pd e Movimento, si è detto, vorrebbero usare il cigno nero dell’emergenza economica per indurre l’opposizione a votare a favore di provvedimenti “emergenziali” proposti congiuntamente da tutte le forze “responsabili”. In questo modo, se l’opposizione cadesse nel tranello, la maggioranza prenderebbe due piccioni con una fava: non si assumerebbe in proprio responsabilità politiche per scelte che non potranno che essere dolorose, in ragione, appunto, della gravità del tornante economico, e al tempo stesso rimarrebbe comodamente seduta negli scranni di Governo e Parlamento col dire di dover fronteggiare l’altro cigno nero, quello sanitario.
La sospensione contingentata delle regole democratiche, con un Governo di unità, può essere accettata. Non può essere accettato, invece, l’imbroglio della convergenza. Con le regole della democrazia non si gioca, neppure al tempo del Covid-19.
Aggiornato il 09 marzo 2020 alle ore 11:06