Gianni Amelio ha raccontato che inizialmente avrebbe dovuto fare un film sul rapporto tra Cavour e la figlia, ma che alla fine ha preferito dedicarsi ad un film sul rapporto tra Bettino Craxi e la figlia Stefania negli ultimi sei mesi di vita dello scomparso leader socialista. Così è nato “Hammamet”, che a detta dei critici è innanzitutto una grande prova d’attore di Pierfrancesco Favino e poi una storia un po’ romanzata di una vicenda che non aveva alcun bisogno di essere forzata visto che la sua cruda realtà era più forte di qualsiasi romanzo.
Chi si aspettava che “Hammamet” fosse una totale riabilitazione di Craxi ne rimane deluso. Così come chi avrebbe voluto che il film diventasse l’occasione per la dannazione definitiva del nome e del ricordo del personaggio più politicamente significativo degli anni ’80 italiani. Ma i primi si consolano rilevando che almeno Craxi è stato ricordato. Ed i secondi ottengono lo stesso risultato prendendo atto che non è stato osannato.
A non consolarsi affatto, invece, sono quanti vorrebbero conoscere la verità su chi e perché venne impedito a Craxi di tornare in Italia per essere operato e per morire nella sua terra natia. Se mai si facesse un film del genere sarebbe impietoso e fortemente drammatico. E dovrebbe intitolarsi “Vergogna!”.
Aggiornato il 10 gennaio 2020 alle ore 09:43