
Dopo aver clamorosamente fallito ovunque abbiano avuto responsabilità di governo, Luigi Di Maio e soci si aggrappano a quella che probabilmente rappresenta la loro principale schifezza normativa: la legge che interrompe la prescrizione dopo il primo grado di giudizio. Una misura che non ho alcuno scrupolo a definire barbarica e che il premier, sedicente avvocato del popolo, Giuseppe Conte, considerato da qualche sprovveduto un illustre principe del foro, ha così sommariamente illustrato: “La norma sulla prescrizione è giusto che ci sia, è il segnale che in Italia le verifiche si completano con assoluzione e condanna, altrimenti sfoceremmo nella denegata giustizia”. Ecco dunque il pensiero di un uomo il quale da circa un anno e mezzo straparla a destra e a manca di cambiamento e che, per restare abbarbicato – secondo una felice espressione di Andro Merkù, suo ottimo imitatore – alla più sterile poltrona di primo ministro della storia repubblicana, si mette letteralmente sotto i piedi uno dei cardini del nostro sistema di diritto: la presunzione d’innocenza fino a sentenza passata in giudicato. Una presunzione d’innocenza che, di fatto, interrompendo la prescrizione dopo il primo grado, anche in considerazione della estrema lungaggine dei processi italiani, si trasforma in un atto d’accusa perenne, costringendo i vari imputati a passare la propria esistenza tra un tribunale e l’altro.
In questo senso, non mettendo limiti alla durata dei processi medesimi, questa norma medievale funzionerà come un formidabile disincentivo a velocizzare l’iter giudiziario dopo la prima sentenza, pure nei casi di una assoluzione, e per questo essa rischia di rappresentare nella prassi una vera e propria condanna preventiva ai danni di chiunque sia finito sotto accusa. In pratica, con l’entrata in vigore della barbarie dei processi a vita, la percezione avvertita da molti cittadini, secondo la quale siamo un po’ tutti in libertà vigilata, diverrà ancor più palpabile.
D’altro canto dai giacobini a 5 stelle, forcaioli a tutto tondo che considerano un semplice avviso di garanzia – ovviamente solo per gli avversari politici – una sentenza di colpevolezza passata in giudicato, non potevamo aspettarci altro. Semmai il problema è di chi, proclamandosi più moderno e civile a chiacchiere, ne continua a sostenere la permanenza nella stanza dei bottoni, con le nefaste che sono sotto gli occhi di tutti.
In tal senso non si può pensare di uscire politicamente indenni da una alleanza di governo con codesti scappati di casa, la quale produce simili schifezze legislative. Ciò valeva ieri per la Lega di Matteo Salvini e vale oggi soprattutto per il Pd di Nicola Zingaretti e gli altri alleati della maggioranza.
Aggiornato il 29 novembre 2019 alle ore 16:54