La “mozione Segre”? Non in nostro nome

Sulla mozione presentata al Senato, prima firmataria Liliana Segre, per l’istituzione di una “Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza e razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza”, Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia non ci stanno. L’astensione compatta della coalizione pone in risalto quanto sia stupido, e fazioso, credere di abolire l’odio per legge. Esso è un sentimento che scaturisce dalla natura umana. Gli uomini e le donne amano e odiano, non lo si può impedire. L’auspicio è che vi sia sempre il massimo della comprensione e della tolleranza tra le persone. A patto però che comprensione e tolleranza siano reciproche. Il problema è quando ci si trova a interagire con chi non si fa scrupolo di mostrare, e praticare, odio. Ciò pone il dilemma se si debba essere o meno tolleranti con gli intolleranti. A riguardo, bisogna essere chiari: ha ragione il filosofo liberale Corrado Ocone quando scrive sul blog di Nicola Porro che “non si possono giustificare pratiche illiberali nemmeno per correggere idee illiberali; né intolleranti per affermare la tolleranza”. Tuttavia, l’esperienza insegna che la legge dell’occhio per occhio funziona più efficacemente di quella che prescrive di porgere l’altra guancia a chi ci colpisce. Il caso dell’integralismo islamico è paradigmatico. Gente che odia l’Occidente in tutte le sue manifestazioni, odia la cristianità, odia l’esistenza stessa degli infedeli. È dunque lecito domandarsi se verso tali categorie di odiatori si debba essere compassionevoli o, viceversa, caricare del medesimo sentimento negativo la reazione innescata da un’offesa che definirla tale è un eufemismo. La questione meriterebbe un ampio dibattito. Ma alla sinistra non interessano i massimi sistemi. Senza scomodare George Orwell, la trovata della Commissione contro l’istigazione all’odio persegue scopi di piccolo cabotaggio. L’obiettivo è di tappare la bocca agli avversari col pretesto di fronteggiare il degrado morale della nazione. Parandosi dietro la storia personale della senatrice Liliana Segre, ebrea scampata alla morte in un campo di sterminio nazista, la sinistra vuole reintrodurre la censura. E per farlo evoca lo spettro dell’antisemitismo, mettendolo in conto alle destre. Ma come? Sono anni che a sinistra non si perde occasione per andare contro lo Stato d’Israele e adesso i nemici degli ebrei sarebbero Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, da sempre schierati al fianco del diritto d’Israele all’esistenza? Roba da matti! È come il bue che dà del cornuto all’asino.

La “mozione Segre” è una nefandezza irricevibile da chi abbia a cuore i diritti di libertà dei cittadini. E i partiti della nuova destra plurale avrebbero fatto meglio a votare contro piuttosto che limitarsi all’astensione. Bisogna leggerla attentamente per comprenderne la pericolosità. La lotta all’antisemitismo è poco più che uno specchietto per allodole, e sorprende che una persona specchiata e retta quale è la senatrice Liliana Segre si sia prestata a una macchinazione liberticida. Nel nome del contrasto al cosiddetto “hate speech”, letteralmente “incitamento all’odio”, che non è stato ancora definito concettualmente e quindi opportunamente disciplinato per stessa ammissione degli estensori della mozione, si procede alla costituzione di una Commissione straordinaria del Senato che di fatto assume la funzione di un organismo di censura delle idee.

Già, perché a sanzionare i comportamenti penalmente rilevanti in materia di istigazione all’odio e alla violenza per specifiche fattispecie, provvedono le norme dell’Ordinamento giuridico. Ciò che la Commissione si propone di contrastare non sono atti concreti ma intenzioni da colpire “quando il pregiudizio razziale, etnico, nazionale o religioso si trasforma da pensiero intimo del singolo a pensiero da diffondere in qualche modo, con ‘argomenti’ quali la superiorità della razza, etnia, nazione o gruppo...”( è scritto proprio così nella mozione). Singolare che non si parli anche dell’odio politico. Forse si è preferito tenerlo fuori perché la pratica di bruciare in effige i nemici o scagliargli contro ogni forma di insulti e di offese piace a coloro che gigioneggiano con quei bravi ragazzi dei Centri sociali e poi fa tanto sinistra glamour. Tra i comportamenti classificabili nella fumosa categoria concettuale dell’incitamento all’odio, la mozione include, accanto a odio razziale, xenofobia, antisemitismo, antislamismo, antigitanismo, la discriminazione verso minoranze e immigrati sorrette da etnocentrismo o nazionalismo aggressivo. In base a tale formulazione se si dice o si scrive: “Prima gli italiani” oppure “immigrati clandestini tornatevene a casa vostra” si viene etichettati d’ufficio come razzisti, xenofobi e quant’altro?

Ma l’anima cattocomunista di questa sinistra è ipocritamente gesuitica: dirlo a se stessi si può a patto che resti un pensiero intimo, guai a esternarlo. Se non è il ritorno della Santa Inquisizione, è il revival dell’odiosa categoria dei reati d’opinione. E c’è qualcuno che ancora si chiede chi siano i veri fascisti del Terzo millennio?

C’è una sinistra che ripudia apertamente lo strumento del voto quale espressione della sovranità popolare, che vuole chiudere la bocca ai suoi nemici reintroducendo la censura, che aspira al ripristino dello Stato etico sul soccombente Stato di Diritto. Una cosa di tal fatta come la volete chiamare? Dalle nostre parti si dice: se ha il becco di un’anatra, se cammina come un’anatra, è un’anatra. Se la Commissione vedesse effettivamente la luce nei termini descritti nella mozione dovremmo preoccuparci non poco per la nostra libertà. Il pensiero va ad Oriana Fallaci. Lei non ha avuto paura di scrivere della superiorità della civiltà occidentale sulle altre. È tutto lì, scolpito nelle sue opere. Che farà la Commissione? Ordinerà la requisizione delle sue pubblicazioni? Per metterle al rogo come in “Fahrenheit 451”, il romanzo di Ray Bradbury? Si dirà, quella era fantascienza. Vero, ma i famigerati “Bücherverbrennungen” (roghi dei libri), a cui si dedicarono con particolare zelo le associazioni studentesche naziste la notte del 10 maggio 1933 con la messa al rogo di 25mila volumi “non tedeschi”, furono reali. Anticiparono ciò che sarebbe stato il regime nazista. Lo slogan sventolato con orgoglio da Giorgia Meloni: “Dio, Patria, Famiglia” è un colpo ai capisaldi dell’ideologia gender. Che si fa, si brucia anche la Meloni? O ci si limita a censurarla perché non faccia più proseliti alla sua causa? Si dirà, c’è il problema degli haters, gli istigatori alla violenza e all’odio che imperversano sui social. E chi lo mette in dubbio? Ma per contrastare il fenomeno c’è la legge penale che vi provvede.

Non si avverte alcun bisogno di creare un super-potere che si arroghi il diritto di stabilire di volta in volta e a seconda degli indagati quali comportamenti integrino l’istigazione all’odio e quali no. E non si dica che la Commissione non avrà poteri sanzionatori ma sarà un innocuo strumento ricognitivo a disposizione del Parlamento. È scritto che i suoi compiti sono di osservare e studiare i fenomeni d’odio e d’intolleranza, anche di fornire documenti e statistiche ma in cauda venenum. Nell’ultimo capoverso della lettera c) nella parte in cui si elencano le funzioni della Commissione è testualmente scritto: “La Commissione può segnalare agli organi di stampa ed ai gestori dei siti internet casi di fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza nei confronti di persone o gruppi sociali sulla base di alcune caratteristiche, quali l’etnia, la religione, la provenienza, l’orientamento sessuale, l’identità di genere o di altre particolari condizioni fisiche o psichiche, richiedendo la rimozione dal web dei relativi contenuti ovvero la loro deindicizzazione dai motori di ricerca”.

Eccolo il diabolico potere sanzionatorio: condannare al silenzio e all’oblio chi venga ritenuto, con voto maggioritario dalla Commissione, responsabile di atti di incitamento all’odio. Vi sono momenti nella vita pubblica nei quali è giusto che gli elettori facciano sentire vicinanza ai propri rappresentanti parlamentari nelle ore, drammatiche, in cui essi sono chiamati a scelte difficili. Stavolta siamo orgogliosissimi della compattezza dimostrata dalla destra plurale. E il fatto che qualche isolato esponente in Forza Italia non abbia mancato di dire la solita amenità per marcare la differenza con le altre componenti della coalizione rafforza e non indebolisce il ruolo del segmento liberale e garantista presente nelle struttura articolata della destra italiana.

Quell'astensione in Senato sulla “mozione Segre” esprime comunque il disgusto per una sinistra che vuole rimettere indietro le lancette dell’orologio della Storia. Non ci stiamo allo scippo di libertà, come scrive Ocone: “La battaglia è culturale, di principio, e chi arretra è perduto”. Perciò, oggi, “Fischia il vento e infuria la bufera...” la cantiamo noi.

Aggiornato il 04 novembre 2019 alle ore 11:29