Sulla difesa di Palamara: a ciascuno il suo

Non capisco per quale motivo ci si stupisca tanto del fatto che nessun magistrato abbia accettato di assumere la difesa di Luca Palamara nel procedimento disciplinare a suo carico.

Leggo, qua e là, commenti sarcastici, richiami all’articolo 24 della Costituzione, alla presunzione di non colpevolezza. Lo dico ai colleghi e lo faccio senza mezzi termini. Sbagliate della grossa. Siete figli di quel feticcio ideologico rappresentato dalla cosiddetta cultura della giurisdizione (mitologica invenzione della sinistra; causa di molti dei nostri mali; inganno e giogo al quale molti non riescono a sfuggire), che ci vorrebbe tutti accomunati sotto lo stesso cielo, tutti partecipi di un pensiero omologato, tutti uniti da uno scopo comune, la Giustizia con la G maiuscola. Pura mistificazione. Confusione inescusabile tra la condivisione di alcuni principi e la loro pratica declinazione nel processo. Confesso che, se non ci fosse da piangere, mi verrebbe quasi da ridere.

La cultura della Giurisdizione è la cultura del Giudice: del Giudice, non del Pubblico Ministero e meno ancora dell’Avvocato. Chiediamo la separazione delle carriere e fingiamo di non avere capito (quelli che hanno capito, s’intende) che siamo ontologicamente diversi. Non si tratta di essere migliori o peggiori, ma di ispirarsi a differenti culture: i Giudici quella della giurisdizione, i pubblici ministeri quella dell’accusa promossa nell’interesse dello Stato, noi quella della difesa.

Perché sorprendersi, allora? È ovvio che “loro” non vogliano difendere il reprobo o presunto tale. Non ne sarebbero neppure capaci. Non è il loro mestiere. Io vieterei loro di difendere, se potessi.

Altro che lamentarsi.... Aprire la mente, prima di parlare. A ciascuno il suo.

Aggiornato il 09 luglio 2019 alle ore 13:28