Calandrino stappa lo spumante

Dopo l’esito quasi scontato della vicenda legata alla procedura d’infrazione ai danni dell’Italia, nel Paese delle meraviglie di Calandrino si è stappato un italianissimo spumante.

Anche questa volta, ripetono come un mantra i teorici della grandeur giallo-verde, il nostro proverbiale stellone ha messo le cose a posto. Dunque, possiamo continuare a baloccarci nella dolce illusione che i destini dell’Europa, se non addirittura quelli del mondo intero, siano fatalmente costretti ad organizzarsi intorno a questa possente patria di santi, poeti e navigatori, oltreché di imbattibili cantastorie prestati alla politica.

Il decisivo rapporto deficit-Pil, in “virtù” di una manovra correttiva – sebbene diversamente definita dai geni al potere – che ha letteralmente raschiato il fondo del barile, è faticosamente rientrato nei ranghi di quel 2,04 per cento da operetta, anche se i dubbi sulla sua reale entità a consuntivo sono tanti e ben fondati.

Ma “numerini” a parte, il quadro economico-finanziario del sistema appare di un grigio che tende fortemente al nero. La crescita che non c’è e la bassa produttività, vero male oscuro del Paese, non costituiscono in prospettiva una grande garanzia per un debito pubblico che, malgrado i miracoli promessi dai maghi pentaleghisti, non inverte minimamente la sua tendenza a salire di livello. E se ora anche i nostri tassi d’interesse sono in discesa, complice le aspettative dei mercati per ulteriori iniziative di stimolo da parte delle banche centrali, insieme all’indubbio sollievo per la mancata procedura d’infrazione, quelli di Spagna e Portogallo hanno addirittura incrementato l’imbarazzante divario che li allontana sempre di più dai nostri.

Mentre scrivo il pezzo, infatti, il decennale Italiano rende esattamente l’1,67 per cento, quello di Spagna e Portogallo, rispettivamente, lo 0,23% e lo 0,33%. Ciò significa, in parole molto povere, che questi due Stati, da sempre guardati dall’alto in basso da noi, possono finanziare la loro economia a costi assai più contenuti dei nostri. Tuttavia, giurano nelle stanze che contano del Governo, con l’arrivo della flat tax e del salario minimo a 9 euro, il Paese farà un secondo boom e le cose cambieranno radicalmente. La spesa corrente proseguirà la sua inarrestabile corsa, le tasse per finanziarla scenderanno, l’Iva non aumenterà, sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno. Così almeno viene sommariamente descritto il 2020, ovvero il secondo anno bellissimo, dagli artefici del grande cambiamento in atto.

D’altronde, dopo aver emendato un certo qual irresponsabile catastrofismo, oggi posso veramente dichiarare la mia incondizionata fiducia nelle sorti certe e progressive di un Paese in tal modo governato. Parola di Calandrino.

Aggiornato il 05 luglio 2019 alle ore 11:42