
Un quotidiano come il nostro (ma non solo) rischierebbe di diventare noioso a fronte delle cose che un Governo e un Parlamento sono istituzionalmente ed elettoralmente chiamati a risolvere o, quanto meno, ad affrontare. E a fare. Cosicché, l’eterno quesito, riferito a noi stessi, si sta imponendo: che fare? Già, appunto. Che fanno?
Nel frattempo è risuonata la cosiddetta sveglia ai governanti, una sorta di campanello d’allarme, sia pure scosso con la delicatezza e la soavità dei suonatori, ovvero i giovani industriali italiani che hanno dichiarato essere la loro pazienza (figuriamoci la nostra) finita. Ci manca(va) soltanto la minacciosa gravità fissata storicamente dalla massima ciceroniana quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?, ma non è nello stile degli imprenditori ricorrere ad invettive da scontro, tant’è che, subito dopo la pazienza in esaurimento, hanno invitato il Governo a diventare protagonista nella Unione europea non risparmiando, tuttavia, un commento umoristico all’ultima trovata leghista dei minibot, liquidati, è proprio il caso di dirlo, come soldi per Monopoli. Sullo sfondo, naturalmente, il duo Salvini-Di Maio insediati a Palazzo Chigi da oltre un anno impiegato, anche, in liti e dissensi ben visti e ben visibili da tutti. E se ora pare si sia stabilita una tregua fra i duellanti, questa semmai è la conferma della guerra precedente. Purché duri, la tregua.
Un Governo del tirare a campare, si direbbe abusando dei proverbi che, pure, servono da sempre a dare giudizi meno sommari e più duraturi di qualsiasi “grida manzoniana”, perché si limitano bensì ad una presa d’atto, ma lasciano le riflessioni a chi di dovere, a cominciare da coloro che, appunto, sono stati chiamati (pardon, votati) per adempiere la funzione di gestori della cosa pubblica. Ed è subito un susseguirsi di assicurazioni, a cominciare dal mai tacito Luigi Di Maio che, pur prendendosela con la Francia per il flop Fca, ha garantito che non si deve assolutamente accettare nessun invito né al vivacchiare né al tirare a campare (letteralmente), indegni per un Governo del nuovo che avanza e che fa (pochino) e che, semmai, deve rimboccarsi le maniche per completare il vasto e intenso programma, con tanto di contratto, del quale, ad essere buoni, non s’è fino ad ora visto granché.
E Matteo Salvini, che gli amici qui al Nord (vedi “La Padania”, quotidiano d’antan) definivano come colui che “uno ne fa e cento ne pensa”, non resta affatto immobile e silente in una giornata tanto significativa quanto densa di appuntamenti, come ci ricorda Mattia Feltri: “A Pomeriggio Cinque da Barbaro D’Urso, a parlare, si presume, di migranti e rimpatri, e prima va a Romano di Lombardia e a Novate Milanese, poi in serata a Paderno Dugnano per tenere comizi”. Per ora.
Del resto, la cosiddetta pace-tregua raggiunta con Di Maio consente ai due di fare i duri nei confronti della Ue, garantendo che si andrà bensì a Bruxelles ma mai e poi mai con atteggiamenti passivi giacché, ha chiarito un graffiante Di Maio, “questa commissione non ha imparato nulla dagli errori fatti”. Nel frattempo il Governo Conte deve andare avanti, anche se non pochi fanno osservare che la linea Conte non coincide esattamente con la linea dei suoi due “vice”, essendo il premier più attento ai segnali di moderazione provenienti dal Quirinale piuttosto che alla linea dura salviniana, sollevando così, all’interno di un problema più ampio, europeo, una linea a lui convergente da parte di altri protagonisti, a cominciare dal ministro Giovanni Tria (e non solo), tant’è che qualche voce parla addirittura di un nuovo partito, alternativo, dello stesso Conte valutato, in qualche sondaggio non disinteressato, a oltre il 10 per cento.
La sostanza tuttavia non cambia e ha attinenza proprio a quel mitico “Governo del fare” che fino ad ora più che fare ha parlato, soprattutto sui media oltre che su Twitter, dando l’impressione dell’eterno, intramontabile, staremmo per dire “tirare a campare” di andreottiana memoria. Anche se Giulio Andreotti, nella sua lunga carriera, ha fatto tante cose. Bene, male? Ai posteri l’ardua sentenza, vorremmo qui concludere. Ma resta pur sempre un giudizio assai poco entusiastico sugli attuali. Tregua o non tregua.
Aggiornato il 10 giugno 2019 alle ore 10:48