Il ritorno del Cav fra Salvini e il partito di centro

Abbiamo un Governo anamorfico fra l’antifascismo masochista del Salone di Torino e le criminalizzazioni anti-salviniane mentre ritorna sulle scene attive Silvio Berlusconi destinato, dicono in diversi, a spingere per un partito di centro. Sullo sfondo un’opposizione che (quasi) non c’è.

Chi c’è, anzi, non se ne è mai andato, ed è il cosiddetto “Partito dei giudici” che sta rivivendo una stagione felice se è vero come è vero che l’universo massmediatico si è tuffato toto corde nella marea giudiziaria lombardo-milanese dando vita e impulso a un processo mediatico, appunto, in concomitanza con la conferenza stampa del giudice Greco cui ha fatto seguito, meno di un’ora dopo, quella di Luigi Di Maio con una predicazione giustizialista aggiornata, up to date, nel solco comunque tracciato da sempre da un movimento che “non ha altra identità se non quella di conquistare voti giocando con gli orrori del circo mediatico giudiziario”. Ai danni (politici) degli altri ma soprattutto dell’alleato di governo, di un Matteo Salvini cui la vicenda milanese (della quale siamo appena agli inizi) non può fare molto bene.

In questo quadro a dir poco mosso, il rientro berlusconiano costituisce, a suo modo, una novità non soltanto per il suo ristabilimento in salute, quanto soprattutto per una presenza attiva alle Europee incombenti in un’area della quale molti auspicano un assembramento sotto il nome di centro, mentre il Berlusconi di queste ore ha specificato: di centrodestra.

Volenti o nolenti i non pochi dei mass media e della politica, fra cui alcuni dei suoi stessi alleati o compagni di viaggio, sono costretti quanto meno ad una riflessione meno liquidatoria e sommaria su questo ritorno di un Cavaliere che non se n’era mai andato, a dirla tutta, ma che da tempo era poco presente e assai poco attivo in un’area liberale, laica, di centrodestra che ebbe i suoi grandi successi all’indomani delle leggendarie “Mani Pulite” che annientarono i partiti della Prima Repubblica, compresi i suoi a lungo esaltatori dell’ex Pci. E oggi?

Oggi la situazione è diversa, com’è ovvio, ma non è difficile scorgere, nello stesso “avviso” al Presidente Fontana, la salita di un gradino, un passo, un procedere verso l’alto che non solo attiene ad una delle regioni chiave dell’economia italiana, ma alla sede naturale di un partito come la Lega dai cui rami locali si è irradiata nazionalmente fino ad occupare quel Palazzo Chigi con un Salvini dal ruolo prioritario. Ruolo dovuto indubbiamente alle sue capacità ed esperienze anche se, a ben vedere, quello che lui e il collega Di Maio esaltano quotidianamente come il “Governo del fare”, di cose realizzate ne ha mostrate, fin ad ora ben poche. Il che spiega anche una presenza massiccia, imponennte, invadente e incessante come a imporre un modello del fare che rischia di trasformarsi in un rimando, in un gioco di immagini, cioè di specchi. Spesso ingannatori.

Il fatto è che una diffusa quanto superficiale analisi della politica salviniana conduce al giudizio quanto mai sommario di “fascismo” nei suoi confronti e, parallelamente, alla considerazione di un necessario partito moderato, di centro, come alternativa alla Lega sia perché, come si narra, “le elezioni si vincono al centro”, sia per quella forte componente populista che lo contraddistingue; mentre altri aggiungono le sue antiche immagini con il cappio sventolato a mo’ di simbologia minacciosa anticorruzione, un’arma che è sempre destinata a rovesciarsi secondo l’immutabile legge del contrappasso. Degna appunto del dura lex sed lex.

Legge le cui pressioni sono più forti e inevitabili quanto più si accede alle stanze del governo, del potere, dalle quali l’irruenza salviniana scandita dai diversi media è bensì in concorrenza con quella del compagno di governo, ma ne disvela una sorta di impotenza non solo rispetto alle riforme il cui annuncio (senza seguito, fino ad ora) non serve a frenare proprio quella demagogia populista le cui derive penali sono oggi col caso Siri, ma non solo, una sorta di giustificazione delle violazioni dello stato di diritto e del sacro principio della presunzione di innocenza.

Il che ha impedito qualsiasi riforma, anche la più piccola, per evitare - come sta invece accadendo - che inchieste e processi che si celebrano dentro i tribunali contino meno di quelli che s’infiammano ora dopo ora sulle prime pagine dei giornali. E dilagano sui video. Utili se non indispensabili per un movimento pentastellato messo in serie difficoltà fino a pochi giorni fa dall’attivismo salviniano, al quale tocca oggi subire, dai suoi alleati di governo, la prospettiva se non la certezza di condurre una campagna elettorale europea usando le indagini dei magistrati come strumenti di propaganda elettorale.

Su questo sfondo, anche il rientro del Cavaliere può giocare le sue carte al di là delle speranze del fantomatico partito di centrodestra, ma indispensabili e comunque utili, se non a convincere Salvini, a temperarne una spavalderia fin troppo abusata. 

Aggiornato il 10 maggio 2019 alle ore 10:07