Prima o poi doveva accadere. Ci si chiedeva se ci fossero e dove fossero i leghisti non salviniani. Non solo, ma che fine avessero fatto slogan e proclami di una volta, manifesti, grida e inni al Nord e al Nord-Est, “No ai terroni” ecc., che furono dapprima liquidati come spunti dell’antico antimeridionalismo, ma poi l’abbinata Bossi-Maroni ne modificò il localismo spinto fino alla svolta governativa berlusconiana, e non solo. E dopo?
Dopo, e non pochi anni dopo in realtà, un’altra stella del Nord ha iniziato a brillare con Matteo Salvini, il cui avvento ha inesorabilmente gettato nell’ombra il capo Umberto Bossi e lo stesso Bobo Maroni, modificando lentamente ma radicalmente il leghismo del tempo che fu in nome e per conto di quel sovranismo con cui illuminare, da Palazzo Chigi, l’Italia. Ma non tutta, a quanto pare e sia pure fra le righe della neostoria neoleghista dove qualcosa si è mosso e si sta muovendo, ma in senso contrario come a dare risposta alle domande del caso. Al chi sono e dove sono, insomma. E se ci sono.
Adesso ci sono. Gli anti-Salvini, quelli non dimentichi della Lega di Umberto Bossi e antimeridionalista doc, si vanno contando e organizzando, giocando soprattutto sul malcontento verso il “Reddito di cittadinanza” che, secondo taluni, sarebbe comunque di là da venire e che invece, per i suoi fedeli propositori, da Luigi Di Maio giù fino a Matteo Salvini, sia pure obtorto collo, è sulla linea di partenza governativa. Da ciò, dunque, la netta ostilità di un gruppo nordico (e nordista) già leghista che decide di raccogliere le firme annunciando per il 17 febbraio a Milano un loro primo congresso. Il suo leader, Roberto Bernardelli, ha fatto nascere il Grande Nord che, a ben vedere, vuole essere la riproposizione e contrapposizione della vecchia Lega prima dell’arrivo salviniano, il movimento bossiano dei puri e duri nordisti, e con lo slogan: “Rinasce la speranza”.
Dovrebbe essere, per non pochi osservatori (Italia Oggi), una vera e propria spina nel fianco di Matteo Salvini, tanto più dolorosa quanto più mirata a un nervo scoperto: il fiume di denaro che andrà al reddito di cittadinanza è considerato una sorta di maxi-sussidio che, tra l’altro, ha fatto inorridire l’Europa ma, al tempo stesso, ha suscitato non poche perplessità all’interno del grande mondo delle imprese, “poiché in una situazione di carenza di investimenti pubblici, quel tesoretto viene sottratto all’innovazione e alla riduzione del costo del lavoro”.
Chi scrive conosce bene Roberto Bernardelli che fu, come rappresentante del Partito dei Pensionati, un capace assessore del Comune di Milano negli anni Ottanta e che già dalle sue prime uscite come leader di “Grande Nord” afferma che “la nostra missione è sostenere il Nord mentre questo Governo difende gli interessi del Centro-Sud e sarà la rovina del Nord-Est. Questa è una legittima difesa per la salvaguardare lavoratori e territorio”.
Naturalmente i rischi di un campanilismo démodée e di un localismo che sembra fare a pugni con l’europeismo di uomini, cose e imprese, sono più che evidenti ma, nondimeno e per contrappasso identitario, sempre più sottolineati, come qualità nordiche, dal leader di Grande Nord, secondo cui “il reddito di cittadinanza sarà pagato dai contribuenti del Nord, mentre il 70 per cento sarà erogato al Sud. Il Nord è stanco di farsi mungere ed è stanco di essere tradito dalla Lega di Matteo Salvini”. Il neo-movimento si sta organizzando in tutte le regioni del Nord dove i grandinordisti cercano uno spazio e una visibilità puntando su temi che erano cari al bossismo di lotta e di governo quali l’autonomismo degno di questo nome, che ha subito un’immeritata e ingiusta espulsione da parte di un Salvini sempre più legato al sovranismo e coi suoi uomini sempre più dedicati alle poltrone di governo e di sottogoverno trasformando la Lega originale in un partito irriconoscibile “giacché i suoi militanti storici sono stati sostituiti da quelli di estrema destra”.
Si dice che fra una comparsata e l’altra, fra uno spot e l’altro, fra un videata e l’altra, il vicepresidente del Consiglio abbia posto una qualche attenzione ai sussurri e grida degli ex leghisti. Anche perché, come grandinordisti, si stanno preparando alle elezioni europee, hanno un quotidiano (“L’Indipendenza Nuova“) che li fiancheggia e, last but not least, annunciano la prossima partenza del canale televisivo “Nord Channel Tv”.
Chi vivrà vedrà, appunto.
Aggiornato il 20 dicembre 2018 alle ore 10:52