Di Maio e la manovra pericolosa

Giunti a questo punto della tragica farsa che vede protagonisti i più votati paladini del popolo sovrano, non possiamo più parafrasare un celebre motto del grande Ennio Flaiano: la situazione politica in Italia è grave e dannatamente seria. Come dimostra il catastrofico tracollo sui mercati di ogni residuo di italica credibilità, con il sostanziale “me ne frego” messo in atto dal cosiddetto Governo del cambiamento, intenzionato a utilizzare a manetta la leva del deficit-spending, il Paese sta entrando in velocissima rotta di collisione con un muro di cemento armato chiamato realtà. E non è affatto una questione di numerini, come gli irresponsabili che dal balcone festeggiano l’arrivo di camionate di nuovi debiti vorrebbero darci a bere. Il fatto di essere così pesantemente usciti dalla traiettoria minima per la sostenibilità del debito pubblico (in tal senso è ragionevole attendersi uno sforamento reale nel rapporto deficit/Pil assai superiore allo specchietto per le allodole del 2,4 per cento) rappresenta un segnale chiarissimo lanciato all’Europa e, soprattutto, agli investitori interni ed esteri.

Un segnale inequivocabile di voler procedere, costi quel che costi, nella direzione prevista nel demenziale contratto di governo stipulato a suo tempo da Lega e Movimento 5 Stelle. Un segnale che fa letteralmente carta straccia di ogni residuo di quel fondamentale vincolo esterno che, tra un mare di difficoltà e tentennamenti, ci ha consentito di restare all’interno di una moneta dall’alto potere acquisitivo come l’euro e, cosa fondamentale per un Paese fortemente indebitato e economicamente stagnante, di risparmiare una montagna di interessi passivi. 

Ma ora, con un Esecutivo di illusionisti che spacciano spesa corrente della peggiore, con l’ennesimo assalto alla diligenza dell’Inps e una valanga di sussidi di natura chiaramente parassitaria, come investimenti per la crescita si sta materializzando il rischio concreto di perdere l’accesso ai mercati finanziari medesimi. In soldoni ciò significa che potremmo arrivare al punto di non riuscire a trovare compratori, se non a tassi proibitivi, per i circa 35 miliardi di  titoli del Tesoro da piazzare a cadenza mensile. A quel punto, forzatura per forzatura, il ritorno alla moneta nazionale non rappresenterà più una semplice opzione, bensì la drammatica conseguenza di una linea economica e finanziaria assolutamente sconsiderata.

Tuttavia, secondo il principale ispiratore della tanto contestata “Manovra del popolo”, il vicepremier Luigi Di Maio, le crescenti difficoltà che l’Italia incontra sui mercati finanziari non sarebbero affatto colpa delle misure ispirate in buona parte allo strampalato programma, se così vogliamo definirlo, del suo partito degli onesti. A causare le attuali difficoltà sugli stessi mercati sarebbero nientemeno che Forza Italia e il Partito Democratico i quali, secondo Di Maio, “non riescono a fare un’opposizione politica e quindi con i loro giornali creano terrorismo mediatico per far schizzare lo spread sperando in un altro colpo di Stato finanziario: sono degli irresponsabili nemici dell’Italia”.

Parole estremamente arroganti e logica politico-propagandistica molto simile a quella di molte, più o meno sanguinarie, dittature del passato, sempre piuttosto inclini a trovare un comodo capro espiatorio interno per nascondere ai più le proprie responsabilità.  Sta di fatto che nei confronti di chi è disposto a bersi queste surreali pozioni, che in radice contengono il pericoloso germe del totalitarismo, non c’è argomentazione che tenga. L’unica cosa in grado di vaccinare una popolazione cresciuta nel benessere economico, e che ciononostante appoggia ancora in massa chi tale benessere si propone concretamente di distruggere, è il giudizio insindacabile della realtà dei fatti.

Quando i cittadini cominceranno a sperimentare sulla propria pelle gli effetti delle scellerate misure prospettate nell’ultimo Documento di economia e finanza non ci potranno essere più molti dubbi sui veri responsabili del misfatto. Ma probabilmente sarà troppo tardi per correre ai ripari.

Aggiornato il 02 ottobre 2018 alle ore 20:17