Essere coerenti con se stessi, con la propria storia. Per conservare quella identità che rappresenta la più concreta ricchezza di qualsiasi forza politica.
Questa indicazione riguarda in particolare Forza Italia, il partito che grazie all’intuizione ed alla volontà di Silvio Berlusconi si è assunto a suo tempo il compito storico di rappresentare la grande galassia della maggioranza silenziosa in cui confluivano naturalmente laici e popolari uniti dalla comune volontà di difendere i valori della democrazia liberale. Naturalmente il problema dell’identità riguarda tutte le forze politiche. Ma quello che investe Forza Italia è il più impellente e più necessario. Perché se l’area in questione, che da sempre costituisce il nucleo centrale di maggioranze di governo ispirate ad idee anti-totalitarie, dovesse perdere l’identità e la ragione di essere, nella scena politica italiana si aprirebbe un vuoto di equilibrio e di mediazione destinato fatalmente ad essere coperto da forze la cui vocazione anti-totalitaria non è affatto certa e stabile. Con la scomparsa di Forza Italia fagocitata da un lato dalla Lega e dall’altra dal Partito Democratico, infatti, il centrodestra perderebbe la componente indispensabile per conquistare la maggioranza parlamentare costringendo la destra sovranista e populista di coltivare solo con i Cinque Stelle nazi-maioisti il sogno di governare il Paese e consegnando ad una sinistra ferma al fronte popolare il ruolo di opposizione marginale.
Ma esiste il rischio che Forza Italia perda la propria identità? Esiste ed è forte. Perché il partito creato da Silvio Berlusconi sembra aver dimenticato le proprie origini ed i tratti più qualificanti della propria storia scegliendo di affiancarsi al Partito Democratico nella difesa di una linea dell’austerità che si identifica con l’Europa dei poteri forti continentali politici e finanziari interessati a riservare al nostro Paese la stessa sorte della Grecia.
“Quest’Europa - dicevano gli euroscettici forzisti della prima ora parafrasando Giovanni Amendola - non ci piace”. Ed uno dei tratti distintivi di Forza Italia è stato da sempre la critica nei confronti della burocratizzazione europea a beneficio di Francia e Germania e la richiesta di una riforma dell’Unione europea ispirata ad una profonda democratizzazione delle sue strutture. Quell’euroscetticismo che spingeva la sinistra a bollare come antieuropea Forza Italia sembra cancellato. Così come appare completamente rimosso il ricordo della battaglia contro il colpo di stato commesso nel 2011 dai nemici interni e stranieri contro Berlusconi ed il suo governo a colpi di speculazioni sullo spread. Anzi, sulla scia di una sinistra sempre nemica degli interessi nazionali, sembra quasi che Forza Italia sia affiancata al Pd nell’auspicare una impennata dello spread capace di ripetere il colpo di stato del 2011 questa volta ai danni del governo in carica. E la scelta di Berlusconi di aumentare le pensioni per andare incontro alle esigenze delle fasce più bisognose degli anziani e delle loro famiglie? Anche questa cancellata, in nome di un montismo di ritorno trasformatosi in cottarellismo contingente incapace di comprendere che i numeri debbono sempre fare i conti con i bisogni sociali.
Tutto questo, ovviamente, non significa che Forza Italia debba appiattirsi sul governo rinunciando a muovere critiche anche pesanti agli errori commessi dai giallo-verdi. In particolare, la scelta dell’assistenzialismo estremo compiuta in nome di una concezione ideologica che considera lavoro e produzione componenti di un modo passato e che persegue l’obbiettivo di una società fatta da masse assistite guidate da pochi illuminati detentori delle nuove tecnologie.
Certo, esistono esigenze elettorali legate alle elezioni europee del prossimo anno. Ma queste esigenze tattiche non possono trasformare il berlusconismo delle origini in cottarellismo del presente. Perché se lo fanno trasformano la corsa alle europee in un atto suicida!
Aggiornato il 02 ottobre 2018 alle ore 11:26